Page 497 - Dizionario di Filosofia
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(ma l’idea è molto più antica di lui) scriveva che « il discorso non è composto da

          parole  che  lo  precedono,  ma  al  contrario  le  parole  prendono  origine  dall’intero
          discorso ». Anche il secondo dei presupposti filosofici generalmente accettati può
          essere presentato nella formulazione humboldtiana: « L’uomo pensa e comprende il
          mondo per mezzo del linguaggio, ma è a sua volta condizionato da questo a vedere in
          un  certo  modo  il  mondo  ».  Il  linguaggio  non  è  una  esperienza  avventizia,  che  si
          aggiunge a cose fatte all’esperienza « vissuta »: esiste al contrario un legame di «

          condizionamento  reciproco  fra  linguaggio  e  pensiero  »  (Cassirer)  e  anzi  «  noi
          conosciamo il mondo secondo le linee tracciate dalle nostre lingue native » (B. L.
          Whorf). Quest’ultima tesi, già presente in Locke e in Hume e ripresa da Hamann e da
          Herder,  dà  anche  ragione  dei  residui  arcaici  irriducibili  presenti  nella  mentalità
          dell’uomo civilizzato. La considerazione critica del linguaggio è probabilmente oggi
          l’unico  modo  di  affrontare  in  modo  concludente  e  non  scontato  il  tradizionale  «
          problema della conoscenza ».  In generale il linguaggio è una delle manifestazioni

          dell’attività simbolica dell’uomo, cioè della sua attitudine a rappresentare le cose, le
          idee e i fatti per mezzo di suoni, di gesti, di atteggiamenti, di comportamenti, di segni
          o di oggetti che ne costituiscono i sostituti. Tale facoltà non è esclusiva della specie
          umana: K. von Frisch ha dimostrato per es. che le api sono in grado di comunicare,
          mediante la natura, il ritmo e l’orientamento dei loro spostamenti sul favo, la durata
          di un volo e l’orientamento di esso in relazione alla posizione del sole. È probabile

          che vari animali sociali dispongano di analoghi mezzi di comunicazione; da essi il
          linguaggio umano si distingue più per la complessità della struttura che per il suo
          carattere vocale: in esso ciascuno dei simboli usati è analizzabile in unità minori e
          tali unità possono essere combinate in altro modo a formare nuovi simboli. Inoltre
          tali  unità  sono  diverse  e  le  loro  combinazioni  ubbidiscono  a  leggi  particolari  nei
          diversi  gruppi  umani  esistenti  sulla  Terra.  Poiché  questo  tipo  di  linguaggio  viene
          imparato e non è trasmesso ereditariamente come avviene per quello degli animali,

          le società umane possono mutare i loro sistemi di comunicazione verbale e il fatto si
          è prodotto innumerevoli volte nel corso della storia.  Infine tali sistemi esercitano
          influenze reciproche e si modificano nel tempo secondo modalità determinate dalle
          loro  particolari strutture. L’insieme di queste caratteristiche distingue il linguaggio
          umano dai codici di segnali praticamente immutabili e di espressività limitata che

          sono  tipici  di  alcune  specie  animali  così  come  possono  essere  il  loro  regime
          alimentare o i loro sistemi di locomozione.
          Bibliogr.:  O.  Jespersen, Language:  its  nature,  development  and  origin,  Londra
          1922;  E.  Cassirer, Filosofia delle forme simboliche (1923-1929), 3 voll., Firenze
          1961-1964; J. Piaget, Le langage et la pensée chez l’enfant, Parigi 1940; F. Kainz,
          Psychologie  der  Sprache,  Berna  1946;  C.  W.  Morris, Signs,  language  and

          behaviour, Nuova York 1946 (trad. it.: Milano 1949); G. A. Miller, Language and
          comunication.  Nuova  York  1951:  R.  J.  Pumphrey, The  origin  of  language,
          Liverpool 1952; C. K. Ogden e I. A. Richards, The meaning of meaning. A study of
          the influence of language upon thought and of the science of symbolism,  Londra
          1952;  G.  Révész, The  origin  and  prehistory  of  language,  Londra  1958;  A.  S.
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