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1906; É. Gilson, La liberté chez Descartes et la théologie, Parigi 1913; H. Driesch,
Das Problem der Freiheit, Berlino 1917; L. Brunschvicg, Nature et liberté, Parigi
1924; G. Capone Braga, La concezione agostiniana della libertà, Padova 1931; J.
Laporte, La conscience de la liberté, Parigi 1947; R. Me Keon, Freedom and
history, Nuova York 1952.
LIBERTINISMO. Il termine designa propriamente la posizione di quei « liberi
pensatori », che nel XVII sec., in Italia, Francia, Olanda e Germania professavano
idee spregiudicate, di solito in contrasto con le varie versioni della dottrina
cristiana, e conducevano una vita non conforme alle norme della morale corrente. I
seguaci del libertinismo erano aristocratici e membri della borghesia più colta e più
ricca. Le origini storiche di questa tendenza sono antiche.
Nel XIII sec. comparvero in Francia, in Italia e in Germania i seguaci del « Libero
spirito », una delle tante sette religiose dai contorni dottrinari non ben definiti, ma
caratterizzata comunque dall’assunzione di alcune premesse razionalistiche e
panteistiche e dalla pratica della lex libertatis, cioè del libero soddisfacimento degli
istinti soprattutto sessuali (un contemporaneo li descrive come habentes raptum ad
placitum et fornicantes ad libitum). Tipica della setta era anche una certa
componente millenaristica e gioachimita, nel senso che la totale libertà, per ora
parzialmente anticipata, era ritenuta integralmente realizzabile solo con l’avvento
dell’ « età dello Spirito », profetizzata dall’abate Gioacchino da Fiore. Questa
unione di non conformismo dottrinario e di amoralismo pratico fu tipica di tutti
coloro che, in successivi contesti storico-culturali molto differenti, vennero
denominati libertini. Assai vicina sul piano dottrinario ai « fratelli » medievali fu la
setta comparsa a Lilla intorno al 1525 e diffusasi anche a Parigi sotto la protezione
di Margherita di Navarra, sorella di re Francesco I. Calvino si occupò in alcune sue
lettere di questi libertini, le cui idee avevano fatto breccia anche fra i suoi seguaci.
Essi ritenevano panteisticamente che in tutta la realtà fosse presente uno Spirito
animatore e che dopo la redenzione l’uomo avesse riacquistato l’innocenza
posseduta prima del peccato originale: applicavano perciò alla lettera l’agostiniano
ama et fac quod vis (« ama e fa ciò che vuoi »). Calvino qualificò con lo stesso
nome di libertini anche un altro gruppo di dissidenti, in realtà assai diversi dai
primi: stranieri affluiti a Ginevra alla ricerca dell’agognata libertà religiosa, e ostili
perciò alla rigida disciplina teologica e pratica instaurata dal riformatore.
Sarebbe una evidente forzatura attribuire al libertinismo un corpo organico e
uniforme di dottrine: occorre perciò limitarsi all’indicazione di certi temi più
frequentemente ricorrenti nei vari individui e gruppi. Tra le componenti dottrinarie
del libertinismo hanno un particolare rilievo l’atomismo e l’edonismo di Epicuro, il
naturalismo del Rinascimento italiano, il materialismo di Hobbes, l’orientamento
scientifico inaugurato da Galileo. Tipici rappresentanti del libertinismo furono
Gassendi, sacerdote e seguace dell’atomismo, G. C. Vanini, bruciato nel 1619,
Cyrano de Bergerac, avventuroso uomo d’armi e bizzarro scrittore. Vanno ancora
ricordati i nomi di Gaffarei, Boullian, Launoy, Marolles, Monconys, Prioleau,
Sorbière, La Peyrère, Guyet, Luillier, Bouchard, Naudé, Quillet, Trouiller,