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liberalismo sia, in campo giuridico, la scuola giusnaturalistica del XVII e XVIII sec.
(Locke), sia, in campo politico, i teorici della divisione dei poteri dello Stato
(Montesquieu), sia, in campo economico, i teorici del liberismo, esaltante il valore e
l’utilità collettiva della libera iniziativa individuale (Smith, Ricardo). Nel senso
suddetto si può affermare che le più sintetiche formulazioni di una concezione
politica liberale siano rappresentate dalle « Carte » dei diritti (da cui derivò il
concetto di Stato costituzionale come contrapposto a quello assoluto), a incominciare
dalla Dichiarazione dei diritti inglese del 1689, fino alla Dichiarazione dei diritti
dell’uomo da parte degli Stati americani (1776) e alla Dichiarazione dei diritti
dell’uomo e del cittadino, votata dall’Assemblea nazionale costituente francese il 29
agosto 1789. La Dichiarazione francese richiamava appunto una serie di diritti «
naturali e imprescrittibili » individuati nella libertà personale, nella proprietà
privata, nella sicurezza personale, nella libertà di comunicazione, nella libertà
religiosa, nell’uguaglianza di fronte alla legge. L’idea di libertà che caratterizzò tutto
il successivo sviluppo dell’ideologia liberale era già espressa nell’art. 4 della
Dichiarazione francese, dove si diceva che la « libertà consiste essenzialmente nel
poter fare tutto ciò che non nuoce agli altri; così l’esercizio dei diritti naturali di
ciascun individuo non ha altri limiti se non quelli che assicurano agli altri membri
della società il godimento di quegli stessi diritti ».
Bibliogr.: La bibliografia sull’argomento è molto vasta; indichiamo di seguito una
serie di classici che possono costituire un’introduzione all’argomento. Per la
bibliografia: V. Zanone, Il liberalismo moderno, in Storia delle idee politiche,
economiche e sociali, diretta da L. Firpo, vol. VI, Torino 1972; sul L.: B. Croce,
Filosofia della pratica. Economia ed etica, Bari 1907; G. De Ruggiero, Storia del
liberalismo europeo, Bari 1925; H. Laski, The rise of european liberalism. An
essay in interpretation, Londra 1936 (trad. it.: Firenze, 1962); K. R. Popper, The
open society and its enemies, Londra 1945 (trad. it., La società aperta e i suoi
nemici, Roma, 2 voll., 1974); F. M. Watkins, The political tradition of the West. A
study in the development of modern liberalism, Cambridge 1948; F. A. Hayek, The
counter-revolution of science. Studies on the abuse of reason, Glencoe 1952 (trad.
it.: Firenze 1967); H. Butterfield, Liberty in the modern world, Toronto 1952; N.
Bobbio, Politica e cultura, Torino 1955; G. Calogero, Filosofia del dialogo,
Milano 1962; R. Aron, Essai sur les libertés, Parigi 1965; L. Strauss, Liberalism:
ancient and modern, Nuova York 1968; I. Berlino, Four essays on liberty, Oxford
1969; N. Matteucci, Il liberalismo in un mondo in trasformazione, Bologna 1972.
LIBERISMO. Corrente di pensiero economico che propugna la piena libertà di azione
degli individui nei rapporti economici e la non interferenza dello Stato.
I principi fondamentali del liberismo nascono dalla fede nella potenza della ragione
e nella bontà dell’istinto umano, dalla volontà di sciogliere l’uomo da ogni vincolo
sociale. La scuola liberista fu rappresentata dai grandi economisti classici; in
Inghilterra, Adam Smith (1723-1790), Malthus (1766-1834), Ricardo (1772-1823),
John Stuart Mill (1806-1873); in Francia, Jean-Baptiste Say (1767-1832) e Frédéric
Bastiat (1801-1850). La tesi centrale del liberismo consiste nell’affermare