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l’esistenza, in campo economico, di un ordine naturale che tende a stabilirsi
spontaneamente; l’individuo deve limitarsi a scoprire le leggi economiche che, come
quelle meccaniche o fisiche, portano il sistema economico verso l’equilibrio.
L’individuo è concepito come homo oeconomicus, « essere razionale che aspira solo
a conseguire il massimo guadagno con il minimo sforzo »; egli, agendo liberamente
ed egoisticamente, permette l’attuazione dell’ordine economico naturale, poiché gli
interessi individuali e l’interesse generale della società concordano e si
armonizzano. I pubblici poteri, quindi, non devono con il loro intervento turbare il
gioco della concorrenza fra gli individui permettendo alle leggi economiche di
operare liberamente. Tuttavia gli economisti liberali divergono nella loro
interpretazione dei risultati prodotti dalla concorrenza. Per gli ottimisti, soprattutto
francesi, questi sono i migliori che si possono raggiungere, per i pessimisti sono
invece i meno dannosi. Secondo gli economisti liberali, in un regime di concorrenza,
produzione e consumo vengono posti in equilibrio dal meccanismo dei prezzi;
l’offerta e la domanda di lavoro e di capitale dal meccanismo dei redditi. L’ordine
naturale deve assicurare uno sviluppo economico senza crisi, superiore a qualsiasi
altro ordine che risultasse dall’azione degli uomini.
LIBERO pensiero. I sostenitori più autorevoli e più rigorosi del « libero pensiero »,
diffuso come atteggiamento anche in Italia e in Francia (v. LIBERTINISMO) furono i
deisti inglesi dei secc. XVII e XVIII, la cui opera teorica fondamentale fu il Discorso
sulla libertà di pensare di A. Collins (1713). Questi, a partire dal 1778,
pubblicarono anche il periodico The Freethinking, Le teorie dei liberi pensatori,
presenti anche negli enciclopedisti francesi grazie alla duplice influenza dei deisti e
dei libertini, dopo la Rivoluzione si radicalizzarono sempre più in atteggiamenti
anticonfessionali e anticlericali, diffondendosi in tutta l’Europa e trovando, intorno
alla metà del XIX sec., terreno favorevole nell’ambito della filosofia positivistica.
Bibliogr.: v. LIBERTINISMO.
LIBERTÀ. La libertà si definisce negativamente come assenza di costrizione e
positivamente come condizione di chi si autodetermina, cioè di chi è causa e
principio della propria azione. Essa è oggetto di indagine in psicologia (nello studio
delle tendenze e dell’atto volontario), tipicamente nella riflessione morale (problema
della responsabilità e delle sanzioni), nelle scienze sociali (eventuale
riconoscimento della libertà come « diritto naturale », col conseguente problema
della traduzione concreta di tale diritto nelle libertà politiche ed economiche), nel
pensiero metafisico e religioso (fatalismo e libertà assoluta, Grazia e libero
arbitrio). Solo per ragioni di chiarezza espositiva, data l’inscindibilità fra teoria e
prassi, trattiamo separatamente delle concezioni filosofiche della libertà e delle
questioni relative al suo incarnarsi nella realtà politico-sociale.
• Le varie risposte prospettate al problema filosofico della libertà nel corso della
storia del pensiero occidentale possono essere ricondotte a questi tipi fondamentali;
a ) La libertà come manifestazione non repressa della vitalità. Definita come
l’assenza di costrizione, la libertà così intesa ha come sua condizione primaria la
salute dell’organismo. L’organismo è libero quando non esistono ostacoli al suo