Page 492 - Dizionario di Filosofia
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normale funzionamento. A uno stadio più elevato, caratterizzato dalla ulteriore
dimensione della coscienza, la libertà si identifica con la spontaneità delle tendenze.
L’uomo è libero quando può realizzare i propri desideri: è la premessa che più o
meno consapevolmente sta alla base di tutte le etiche edonistiche, cioè di quelle
dottrine che fanno coincidere la positività morale con il piacere. Poiché tuttavia
esistono tendenze che bisogna reprimere o controllare, se si vogliono evitare
conseguenze dannose, i sostenitori di questa concezione della libertà, a cominciare
da Aristippo e da Epicuro (che introduce, a garantire la possibilità della libertà, la
nozione di parénklisis, in lat. clinamen*), hanno dovuto introdurre come correttivo
una sorta di cernita razionale dei desideri da soddisfare. Così la libertà non si
identifica più con la immediata spontaneità delle tendenze, ma piuttosto con la
capacità di disciplinare razionalmente le proprie inclinazioni. In questo senso va
inteso il detto, attribuito ad Aristippo, secondo il quale « libero è colui che possiede
il piacere, non chi ne è posseduto ».
b) Il libero arbitrio o libertà di scelta. La libertà implica una scelta consapevole.
Perché ci sia scelta, devono coesistere molteplici motivazioni ad agire e molteplici
possibilità di azione. La scelta razionale diventa impossibile quando tutti i motivi si
equivalgono: ogni decisione, in un caso del genere, non può essere che contingente.
L’asino di Buridano, posto fra due fasci di fieno identici, muore di fame perché non
ha nessun movente che lo spinga a volgersi da una parte piuttosto che dall’altra.
Bisogna dunque concludere che la libertà consiste proprio nella indifferenza alle
motivazioni, nella possibilità di sottrarsi sempre alla spinta dei « determinanti »
(libertà di indifferenza*). Al posto dell’asino l’uomo non morirebbe, perché la sua
volontà sceglierebbe immotivatamente un sacco o l’altro. Tuttavia questa riduzione
della libertà all’arbitrio gratuito, caratteristica di alcuni filosofi della tarda
scolastica, finisce per identificare paradossalmente la libertà con la pura, bruta
casualità. Come osservava Cartesio, la libertà di indifferenza è « il più basso
gradino di libertà ».
c) La libertà come realizzazione della razionalità. La scelta positiva muove da una
motivazione razionale e mette capo necessariamente alla realizzazione di un fine
razionale. Le difficoltà della nozione di libertà d’indifferenza costituiscono una
prima giustificazione dell’opposta concezione della libertà: libera è la volontà che si
conforma ai principi della ragione. Tralasciando formulazioni più antiche, da quella
platonica a quella cartesiana, va ricordata come esemplare la tesi centrale dell’etica
kantiana: la libertà è un « postulato » della ragione pratica ed è riferibile alla
volontà morale in quanto questa è ragione che impone la legge a se stessa
(autonomia). Fichte diede un significato diverso a questa autonomia, definendo la
libertà come realizzazione della « vocazione » spirituale di ogni uomo. La libertà
consiste nel « fare del proprio destino il principio della propria azione ».
L’interpretazione spiritualistica insiste poi sul punto che non si tratta di realizzare la
ragione universale,’ ma la legge singola e irripetibile della propria personalità. La
realizzazione libera è realizzazione di sé, e la felicità di una vita autenticamente «
propria », costruita con uno sforzo personale di creazione, è la testimonianza