Page 485 - Dizionario di Filosofia
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Lincei.

          Bibliogr.: Fondamentale è l’antologia curata da A. M. Brizio, Torino 1952; per la
          bibliografia:  E.  Verga, Bibliografia  vinciana,  2  voll.,  Bologna  1931;  su  L.:  P.
          Duhem, Études  sur  Leonardo  da  Vinci,  3  voll.,  Parigi  1906-1913;  G.  Gentile, Il
          pensiero di Leonardo,  Firenze 1941;  C.  Luporini, La mente di  Leonardo,  Firenze

          1952;  K.  Jaspers, Leonard als Philosoph, Bern 1953 (trad. it.: Firenze 1960); Aa.
          Vv.: Léonard de Vinci et l’expérience scientifique au XIV siècle, Parigi 1953; Aa.
          Vv., Leonardo, saggi e ricerche, Roma 1954.
          LEONE  Ebreo,  noto  anche  col  nome  ebraico  di Jehudah  (Giuda) Abarbanel,
          filosofo e medico ebreo (Lisbona fra il 1460 ed il 1465 - fra il 1521 e il 1535).

          Perseguitato  per  la  sua  religione,  dalla  quale  non  volle  mai  abiurare,  fu  tuttavia
          ammirato e ricercato per la sua abilità di medico. Passò dal Portogallo in Spagna e
          in  Italia  (1492),  dove  visse  successivamente  a  Napoli,  Genova,  Venezia,  Roma  e
          Ferrara e infine di nuovo a Napoli. Ogni notizia sul suo conto cessa col 1521. Nel
          1535 furono pubblicati i suoi Dialoghi d’Amore (I. D’Amore e desiderio; II. De la
          comunità d’Amore;  III.  De  l’origine  d’Amore),  un’opera  che  esercitò  una  grande

          influenza  sulla  cultura  filosofico-letteraria  della  seconda  metà  del  Cinquecento.  I
          dialoghi, scritti probabilmente prima in ebraico e poi tradotti in italiano, hanno come
          interlocutori Filone, che è portavoce dello stesso autore, e Sofia, la sapienza. In essi
          è  sviluppato,  con  sottigliezza  argomentativa  che  risente  dell’antecedente  della
          scolastica arabo-giudaica, il tema neoplatonico dell’amore. La dottrina del Ficino vi
          subisce  un  approfondimento  speculativo  che  anticipa  le  posizioni  di  Bruno  e  di
          Spinoza.

          LEOPARDI  (Giacomo),  poeta  italiano  (Recanati,  1798  -  Napoli,  1837).  Di  nobile
          famiglia,  sin  da  giovanissimo  si  applicò  con  avidità  agli  studi,  da  autodidatta,
          disponendo della ricca biblioteca del padre. La produzione giovanile del Leopardi è
          molto varia: traduzioni, rime, commenti filologici e ricerche erudite. I primi lavori di

          impegno  notevole  sono  la Storia  dell’astronomia  (1813)  e  il Saggio  sopra  gli
          errori popolari degli antichi (1815), in cui si manifesta già l’assimilazione di temi
          razionalistici ed illuministi, quali la critica della superstizione; ad essa tuttavia si
          accompagna una profonda aderenza e comprensione della dimensione favolistica e
          poetica  del  mondo  antico.  Limitando  necessariamente  i  riferimenti  agli  interessi
          specificamente filosofici del Leopardi, va ricordato, come molto importante per la
          sua formazione, accanto alla conoscenza della cultura settecentesca, lo studio della

          filosofia  classica  e  l’influenza  dell’opera  di  Diogene  Laerzio  in  particolare.  Nel
          1819  Leopardi  approda  a  una  concezione  filosofica  materialistica,  che  risente
          profondamente  del  sensismo  e  del  razionalismo  illuministico,  di  intonazione
          nettamente  pessimista.  I  concetti  chiave  attorno  cui  si  sviluppa  il  suo  sistema
          filosofico,  consegnato  nelle  note  e  negli  appunti  dello Zibaldone,  sono  quelli  di
          natura e ragione, realtà e illusione, piacere e noia, finitezza e infinità.  Particolare

          importanza ha l’analisi del piacere, in quanto la ricerca di esso mostra il carattere
          essenziale  della  natura  dell’uomo,  intesa  come  desiderio,  appetito,  tensione  alla
          felicità.  Dalla  illusorietà  di  questo  slancio  e  dall’impossibilità  di  conseguire
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