Page 480 - Dizionario di Filosofia
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Napoli 1952; Y.  Belaval, Leibniz critique de Descartes, Parigi 1960; Y. Beiaval,

          Leibniz. Initiation à sa philosophie, Parigi 1962; A. Robinet, Leibniz et la racine
          de l’existence; Parigi 1962.
          LEMMA  (gr. lêmma,  da lambànein,  prendere).  Negli  scritti  di  Aristotele  e  nella
          logica formale, una proposizione già dimostrata in altra sede, che viene assunta come

          premessa di un’argomentazione ulteriore.
          LENIN  (Nikolaj),  pseudonimo  di  Vladimir  Il’ič  UL’JANOV,  uomo  politico  russo
          (Simbirsk  [od.  Ul’janovsk]  1870  -  Gorki,  presso Mosca,  1924).  Espulso  nel
          dicembre 1887 dall’università di Kazan’ per aver preso parte a una dimostrazione
          studentesca,  e  deportato  per  circa  un  anno  a  Kokuškino,  si  laureò  in  legge  a
          Pietroburgo (1891), dove si iscrisse a un circolo marxista. Le sue energie migliori

          furono  attratte  sempre  più  dallo  studio  dei  problemi  politici  ed  economici
          dall’angolo  visuale  marxista,  e  divenne  discepolo  di  Plechanov,  il  maggior
          esponente  del  marxismo  russo,  allora  rifugiato  all’estero.  Associando  la  teoria
          all’azione, redasse numerosi scritti polemici, come l’opuscolo Che cosa sono gli «
          Amici  del  popolo  » e  come  lottano  contro  i  socialdemocratici  (1894),  in  cui
          rimproverò  ai  populisti  (narodniki)  di  voler  fare  la  rivoluzione  politica  col

          terrorismo e con l’unione (invece che con la lotta) di classe. Lenin si pose un triplice
          obiettivo: unificare i marxisti e diffondere la loro dottrina, mantenere l’ortodossia
          delle teorie marxiste, impedire al movimento operaio di orientarsi verso un tipo di
          azione puramente corporativa e non politica. Arrestato dopo un viaggio in Svizzera,
          dove incontrò per la prima volta Plechanov (1895), fu condannato a tre anni d’esilio
          in  Siberia  (1897-1900).  In  quegli  anni  sposò  una  militante  marxista,  Nadežda
          Krupskaja,  e  pubblicò  diverse  opere,  fra  le  quali,  fondamentale, Lo  sviluppo  del

          capitalismo in Russia (1899), in cui dimostrava che il capitalismo era già penetrato
          largamente  nell’agricoltura  della  Russia  e  che  quindi  le  prospettive  indicate  dai
          populisti  (passaggio  a  una  società  socialista  fondata  sulla  comunità  di  villaggio,
          saltando la fase capitalistica) non erano realistiche.
          Scontata  la  pena  e  rifugiatosi  in  Svizzera  (1900),  vi  fondò  il  giornale Iskra  (La

          scintilla), ma si separò in seguito da Plechanov. Nell’opera Che fare? (1902) egli
          precisò la tattica rivoluzionaria: la lotta politica, condizione e non conseguenza della
          lotta sociale, doveva essere condotta dal proletariato con la prospettiva d’imporre la
          sua dittatura per un tempo indefinito; la coscienza operaia sarebbe stata risvegliata
          dai  «  rivoluzionari  di  professione  »,  gli  aderenti  al  partito,  il  cui  ruolo  avrebbe
          dunque  assunto  un’importanza  capitale.  Al  congresso  socialdemocratico  di
          Bruxelles,  trasferito  poi  a  Londra  (1903),  Lenin  riuscì  a  far  approvare  di  stretta
          misura  le  sue  tesi,  ma  ne  derivò  una  scissione  tra  i  bolscevichi  (maggioritari),

          ch’egli dirigeva, e i menscevichi (minoritari), che seguivano Martov e Aksel’rod. Da
          allora, Lenin ebbe contro di sé i principali capi socialisti russi e stranieri, e dovette
          attendere il 4 gennaio 1905 per far uscire il suo nuovo giornale: Vperëd (Avanti!).
          Nel 1904, nel pieno del contrasto con i menscevichi, nell’opera Un passo avanti,
          due  passi  indietro,  Lenin  insisté  sulla  necessità  di  un  partito  centralizzato  e

          disciplinato della classe operaia, un partito di quadri che fosse però legato al tempo
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