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stesso da saldi legami alle masse operaie. Nel 1905, dopo aver organizzato il 3°
congresso del partito operaio socialdemocratico russo (Londra, aprile), tornato in
patria in seguito allo scoppio della Rivoluzione (novembre), partecipò alla
conferenza di riunificazione del partito a Tammerfors, od. Tampere, in Finlandia
(dicembre) e appoggiò lo sciopero generale di Mosca, che il Soviet della città
controllato dai bolscevichi trasformò in insurrezione armata. Dal fallimento di questa
esperienza, Lenin trasse conseguenze ben diverse da quelle dei menscevichi,
scegliendo la via della rottura rivoluzionaria. A questo scopo riorganizzò
clandestinamente la frazione bolscevica, che nel 1912 divenne un partito distinto da
quello menscevico (congresso di Praga), collaborò al giornale Pravda (La verità) di
Pietroburgo. In questi anni egli s’impegnò a fondo per preservare il suo partito sia
dal contagio dei metodi terroristici dei socialisti rivoluzionari (SR), eredi dei
populisti, sia dal revisionismo dei socialdemocratici tedeschi, contro il quale scrisse
una delle sue maggiori opere dottrinarie: Materialismo ed empiriocriticismo*
(1909). La prima guerra mondiale lo sorprese nella Galizia austriaca e lo costrinse a
riparare in Svizzera. Denunciò la guerra come una lotta tra imperialismi rivali per la
spartizione del mondo, non per la difesa della patria o dei valori morali
(Imperialismo, fase suprema del capitalismo, 1917) e assegnò ai rivoluzionari
come obiettivo essenziale quello di trasformare la guerra imperialista in guerra
civile.
Quando in Russia scoppiò la Rivoluzione del 1917 prese decisamente posizione
contro il governo provvisorio del principe L’vov e pubblicò sulla Pravda le
cosiddette Tesi di aprile. Queste chiedevano: pace immediata, tutto il potere ai
Soviet (che si erano ricostituiti durante la Rivoluzione, ma nei quali i bolscevichi
formavano una minoranza), fabbriche agli operai e terra ai contadini. Sventati dal
governo provvisorio i tentativi di sommossa di Pietrogrado del 4 maggio e del 17
luglio, Lenin, che ne era stato l’ispiratore, fuggì in Finlandia, dove scrisse Stato e
rivoluzione* (agosto-settembre 1917). In quest’opera egli presentò la « dittatura del
proletariato » come un sistema di governo necessario, destinato a eliminare le
vecchie classi dirigenti definite « di oppressori »; ma precisò chiaramente che tale
sistema doveva essere transitorio, avendo il comunismo per meta ultima una società
senza classi e senza Stato. Rientrato in Russia, guidò con successo, insieme a
Trotzkij, l’insurrezione del 26 ottobre.
Dopo la caduta del governo provvisorio il 2° congresso dei Soviet gli affidò la
presidenza del consiglio dei commissari del popolo, comprendente solo i
bolscevichi. Con una serie di decreti che chiedevano una pace immediata,
sopprimevano la grande proprietà, nazionalizzavano le industrie e riconoscevano i
diritti delle nazionalità, Lenin cercò di raccogliere le masse popolari intorno al
partito. Parallelamente rafforzò la dittatura del proletariato: fece sciogliere
l’Assemblea costituente (19 gennaio 1918), istituì un corpo di polizia segreta (Čeka
[7 dicembre 1917]), l’Armata rossa (28 gennaio 1918); infine, per poter consolidare
la rivoluzione all’interno, e ottenere « un momento di respiro » che considerava
necessario, ottenne che venisse firmata con la Germania la pace di Brest-Litovsk (3