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quale tutte le contraddizioni risultano mediate e placate. Kierkegaard e Marx però
hanno messo di nuovo l’accento sulla persistenza drammatica della contraddizione:
fra l’uomo e Dio il primo, fra l’individuo e la società capitalistico-borghese il
secondo. Egli ha esaminato inoltre criticamente lo storicismo moderno, mettendone
in luce i legami con l’escatologia cristiana e contrapponendo a esso l’« eterno
ritorno » di Nietzsche, espressione dell’esigenza di sottrarre al flusso della storicità
ciò che di permanente e di immutabile è al fondo della natura e dell’uomo. Opere
principali: Max Weber e Karl Marx (1932), Kierkegaard e Nietzsche (1933), La
filosofia nietzschiana dell’eterno ritorno dell’uguale (1935), Da Hegel a
Nietzsche (1941), Il significato della storia, in inglese (1949), Heidegger,
pensatore in un tempo precario (1953).
LUCRÈZIO CARO (Tito), poeta latino (Pompei [?] 98 circa - 55 a.C.). Eccettuate le
discusse notizie tramandate da san Girolamo, secondo le quali sarebbe stato colpito
da pazzia per un filtro amatorio e avrebbe composto parte della sua opera nei
momenti di lucidità mentale, per uccidersi infine all’età di quarantaquattro anni, nulla
si sa della sua vita. La conoscenza di lui si ha attraverso l’unica sua opera, De rerum
natura*, che costituisce uno dei capolavori della letteratura latina. Dall’opera
appare un’acuta sollecitudine per « i tristi tempi della patria », funestata dagli odi
politici e dalle guerre civili, che via via si allarga fino all’angosciata considerazione
della misera sorte dell’umanità. Conseguenza immediata ne è l’ardore messianico
inteso a dare ai suoi concittadini, non meno che ai mortali tutti, la possibilità di
riscattarsi da quanto opprime la loro esistenza e di renderla tranquilla e serena.
Mezzo miracoloso appare all’autore la dottrina epicurea, che offre una spiegazione
razionale della natura del mondo e degli uomini, eliminando insieme con il timore
degli dei anche la paura della morte e ogni sorta di credenze superstiziose sull’al di
là. Strumento persuasivo della sua missione gli si presenta la poesia, che con la
suggestione dell’arte della parola congiunta al rigore dialettico, induce negli animi la
fede ottimistica in Epicuro. Lucrezio celebra il suo Verbo che, sostenuto dalle
conquiste del materialismo, razionalmente presume di superare il male di una realtà
soggettivamente sentita come intessuta di dolore e di colpe.
Bibliogr.: Fondamentale è l’edizione del De rerum natura, a cura di C. Bailey, 3
voll., Oxford 1947-1950; molto utile anche il commento, a cura di A. Ernout e L.
Robin, Parigi 1962; e l’Index lucretianus, a cura di J. Paulson, 1926; per la
bibliografia: C. A. Gordon, A bibliography of Lucretius, Londra 1962; P. Boyancé,
Lucrèce et l’épicurisme, Parigi 1963; A. D. Winspear, Lucretius and scientific
thought, Montreal 1963; P. Boyancé, Lucrèce, Parigi 1964; L. Perelli, Lucrezio
poeta dell’angoscia, Firenze 1969.
LUKÁCS (György), critico e filosofo ungherese (Budapest 1885-1971). Figlio di una
ricca famiglia di banchieri, dovette vincere la resistenza paterna per dedicarsi agli
studi filosofici e letterari. L’opera che gli diede ancora giovanissimo fama
internazionale fu L’anima e le forme (1910), analisi acuta del rapporto fra arte e
civiltà borghese. L’approfondimento degli studi filosofici lo condusse rapidamente
da Hegel a Marx. Entrato nel partito comunista ungherese nel dicembre del 1918,