Page 443 - Dizionario di Filosofia
P. 443

la designazione della scuola matematica fondata da  L.  E.  J.  Brouwer, che negava,

          nelle dimostrazioni matematiche, ogni validità al principio logico del terzo escluso
          e, di conseguenza, ai teoremi dimostrati per assurdo.
          INTUIZIONISMO.  Dottrina  che  attribuisce  alla  conoscenza  intuitiva  un  valore
          preminente rispetto a quella razionale. (V. INTUIZIONE.)

          INVERSO.  Nella  logica  formale,  si  dice  della  proposizione  ottenuta  rovesciando  i
          termini  di  quella  originaria  o diretta  (per  es.: Dio  è  l’Essere  supremo,  diretta;
          l’Essere supremo è Dio, inversa).
          INVOLUZIONE.  Il  processo  che  va  dall’eterogeneità  all’omogeneità,  in
          contrapposizione all’evoluzione (che procede verso una differenziazione crescente),

          e  che  è  spesso  caratterizzato  da  trasformazioni  fisiche  irreversibili  (per  es.,
          ugualizzazione  spontanea  delle  temperature).  Il  filosofo  francese  A.  Lalande,  in
          particolare       nell’opera Le  illusioni  evoluzionistiche,  ha  sostenuto  che  è
          l’involuzione, e non l’evoluzione, a determinare il movimento positivo della realtà
          fisica e spirituale.

          IO.  Il  pronome  personale  che  designa  la  soggettività  è  entrato  nella  specifica
          nomenclatura  filosofica  con  Cartesio.  Nel II  libro  delle Meditazioni,  Cartesio  si
          pone la domanda: « Che cosa sono io dunque? » e risponde definendo l’io « una cosa
          che pensa » (res cogitans). L’esistenza dell’io non può essere messa in dubbio, in
          quanto lo stesso atto del dubitare la implica e la presuppone (Cogito, ergo sum). La
          negazione  della  sostanzialità  dell’io  e  la  riduzione  di  esso  a forma  dell’unità  dei
          fenomeni (unità sintetica originaria dell’appercezione, o io penso) è il risultato cui

          perviene  Kant,  dopo  la  critica  degli  empiristi,  e  particolarmente  di  Hume,  alla
          nozione di sostanza, sia materiale sia spirituale.  Con l’idealismo classico tedesco
          l’io riacquista una realtà non formale e assume in Fichte i caratteri teologizzanti di
          principio creatore della realtà: a ragione  Schelling rileva l’affinità di esso con la
          sostanza di Spinoza. Così anche per Hegel oltre l’io come immediata percezione di
          sé  c’è  l’Io  universale,  espressione  che  designa  l’unità  di  tutto  il  molteplice

          nell’autoconsapevolezza  assoluta.  L’Io,  sostiene  poi  Gentile,  è autoctisi,  assoluto
          che  non  presuppone  nulla  e  che  è  in  quanto  si  pone.  La  filosofia  contemporanea
          propone  concezioni  dell’io  più  aperte  e  problematiche,  sia  che  essa  insista  sulla
          necessità  strutturale  di  un  riferimento  all’altro  (il  tu,  o  il  mondo,  o  Dio)  per  la
          costituzione  dell’io  (Kierkegaard,  Santayana,  Heidegger),  sia  che  essa  veda  più
          propriamente nell’io una « presenza a se stesso », che non coincide con la coscienza
          o l’esperienza nella loro totalità (Dewey, Sartre).

          IONICA (SCUOLA). Negli abbozzi di storia della filosofia che si trovano nelle opere
          di alcuni pensatori dell’antichità viene distinta di solito la scuola ionica, cominciata
          con  Tálete  di  Mileto,  e  la scuola italica,  che  ha  come  capostipite  Pitagora.  Con
          l’avvertenza  che  la  parola  «  scuola  »  non  allude  a  nessuna  particolare  struttura

          istituzionale, converrà piuttosto parlare di una scuola di Mileto, che fiorì nel VI sec.
          a.C., fino alla conquista persiana del 546, con Talete, Anassimandro e Anassimene.
          Dopo la conquista, alcuni Ioni emigrati trapiantarono nella Magna Grecia lo spirito
   438   439   440   441   442   443   444   445   446   447   448