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rappresenta l’intuizione come consapevolezza dell’autoproduzione dell’assoluto, in
un processo in cui intuente e intuito coincidono. Jacobi a sua volta oppone al
procedimento razionalistico-dialettico di Hegel la conoscenza per sentimento o per «
intuizione razionale » di Dio, della libertà e dei valori dello spirito in genere. Un
rilievo particolare assume l’intuizione (o « intuito ») anche nella gnoseologia e nella
metafisica di Rosmini e di Gioberti: è sulla base dell’intuizione originaria
dell’essere, ideale o reale che esso sia, che la mente umana assume la forma della
soggettività razionale. Per Bergson, al di sopra dell’intelligenza scientifica,
condannata ai suoi simboli e ai suoi schemi, c’è l’intuizione metafisica, che si porta
di colpo nel cuore della vivente realtà. Anche per Husserl l’atto con cui la coscienza
entra in contatto con l’essere è un’intuizione, la quale verifica nell’evidenza la
presenza reale (« in persona ») dell’oggetto. Infine la definizione crociana dell’arte
come intuizione implica la nozione dell’arte come atto di conoscenza contemplativa,
la quale coglie l’immagine in quanto tale (« la pura idealità dell’immagine ») e
prescinde quindi dalla realtà o irrealtà dell’oggetto conosciuto ed espresso.
L’origine teologica del concetto di intuizione come atto creativo, nel quale la
produzione dell’oggetto e la conoscenza di esso coincidono, sembra abbastanza
evidente. La divinizzazione e l’assolutizzazione del sapere umano non possono oggi
più contare sui presupposti storico-culturali che le rendevano accettabili e
significative nell’ambito della filosofia romantica. La stessa possibilità di una
conoscenza senza segni e senza discorso, a prescindere dalla postulazione della sua
creatività, è stata sottoposta a critica radicale (Peirce). Quando oggi, a proposito
della matematica e delle scienze naturali in genere, si parla della funzione
dell’intuizione, si allude solo a quel momento dell’immaginazione anticipatrice, che
costituisce la componente dinamica della ricerca, in unione armonica coi
procedimenti di ordinamento sistematico, di verifica e di controllo.
• Che l’insegnamento debba far leva sulle intuizioni del fanciullo, e cioè sui dati
della sua esperienza personale, è uno dei motivi più frequentemente ricorrenti nella
letteratura pedagogica. Già Comenio raccomandava: « Non si insegni con le parole,
ma le parole siano con le cose; non con le regole, ma le regole siano con gli esempi
e solo con essi ». Anche per il Pestalozzi è necessario guidare in primo luogo il
fanciullo all’intuizione delle cose, in modo che da essa prenda poi l’avvio
l’istruzione vera e propria, nella triplice direzione della « parola », della « forma »
e del « numero ». La polemica, ormai piuttosto stanca del resto, contro l’astrattismo
e il verbalismo didattico è condotta anche oggi in nome della funzione preminente
dell’intuizione, o della conoscenza diretta, o dell’esperienza concreta: dall’esempio
alla regola, e non viceversa. E come nell’Emilio di Rousseau il giovane protagonista
impara la geografia immergendosi direttamente nella natura, così nella scuola
moderna si moltiplicano i sussidi atti a fornire le immediate stimolazioni intuitive.
Un tale orientamento trova d’altronde le sue giustificazioni più probanti nelle
acquisizioni della psicologia scientifica.
• Ogni sistema logico-matematico che intende dare ai procedimenti induttivi un
rilievo particolare nei confronti dei procedimenti deduttivi. Questa è in particolare