Page 447 - Dizionario di Filosofia
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che distaccò la medicina dalla filosofia indirizzandola su basi razionali. Le nozioni

          anatomiche di Ippocrate e della sua scuola, derivando dalla dissezione di animali,
          erano decisamente rudimentali, il che si riflette sulla fisiologia: il principio della
          vita è dato dal calore prodotto dal pneuma che, attraverso la trachea e le arterie,
          raggiunge il cuore sinistro dove arriva il sangue proveniente dal fegato.  La teoria
          medica di Ippocrate è basata sulla concezione dei « quattro umori » secondo cui il
          corpo umano è costituito dal sangue, proveniente dal cuore, dalla flemma, originata

          nel  cervello,  dalla bile, prodotta nel fegato e dall’atrabile, elaborata nella milza.
          L’alterazione delle loro proporzioni genera le malattie che pertanto possono essere
          raggruppate  nei  quattro  gruppi  corrispondenti  all’umore  predominante:  sanguigne,
          flemmatiche,  colleriche  e  melanconiche.  Questa  teoria,  pur  essendo  ipotetica,
          permise una prima impostazione naturalistica dell’arte del guarire.
          Ippocrate affermò i severi principi della deontologia medica, che sono riecheggiati
          dal noto giuramento che porta il suo nome (oggi ritenuto però di epoca anteriore).

          Nel giuramento di Ippocrate il medico si impegnava in primo luogo a tramandare la
          sua arte ai figli e ai discepoli, quindi a prodigarsi nei limiti delle sue possibilità per
          il bene dei malati, a non rivelare i segreti professionali, a non effettuare pratiche
          abortive, a non diffondere notizie sull’uso dei veleni, ecc.

          Bibliogr.:  Le  opere  di  Ippocrate,  precedute  da  un’ampia  introduzione  e  con  una
          esauriente  bibliografia,  sono  state  pubblicate  in  traduzione  a  cura  di  M.  Vegetti,
          Torino 1965.
          Ipse dixit, loc. lat. che significa l’ha detto lui e traduce una formula rituale in uso nella
          scuola pitagorica (in gr. autòs épha). Come i pitagorici risolvevano le controversie
          dottrinarie ricorrendo ad una citazione appropriata di parole del maestro, così nella

          scolastica  medievale  l’opinione  di  Aristotele  valeva  come  argomento  che  non
          ammetteva replica (e « ipse » voleva, appunto, significare Aristotele). La formula e
          oggi di uso corrente per caratterizzare negativamente o ironicamente la sottomissione
          cieca all’autorità a scapito della propria autonomia di giudizio.

          IPSEITÀ  o IPSITÀ  (dal  lat. ipse,  se  stesso).  Termine  usato  da  Duns  Scoto  e  dalla
          scolastica  successiva  per  designare  la  nota  distintiva  dell’individuo  in  quanto
          singolo.
          IRONÌA  (dal  gr. eirōnéia,  dissimulazione).  In  senso  originario,  azione  di  simulare
          ignoranza su un determinato argomento.
          •  Ironia  socratica,  È  uno  dei  momenti  del metodo  socratico,  caratterizzato  dalla

          provvisoria  e  tendenziosa  sopravvalutazione  della  risposta  dell’interlocutore  e  al
          tempo  stesso  dalla  sottovalutazione  ostentata  delle  proprie  capacità  e  del  proprio
          valore.
          Socrate  confuta  subito  dopo  la  proposta  che  in  un  primo  momento  ha  finto  di
          accogliere come risolutiva e finisce così, a poco a poco, per liberare l’interlocutore
          dalle sue formule cristallizzate e dai suoi pregiudizi. A questo punto il dialogante è

          maturo  per  «  partorire  »  la  verità  che  porta  in  sé  e  l’ironia  cede  il  posto  alla
          maieutica*. A  questo  tema  è  dedicata  la  tesi  di  dottorato  di  S.  Kierkegaard: Sul
          concetto di ironia con particolare riguardo a Socrate (1840).
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