Page 448 - Dizionario di Filosofia
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•  Ironia romantica.  È  una  delle  componenti  più  caratteristiche  dell’atteggiamento
          romantico di fronte alla realtà. Consapevole dell’infinità del proprio io e della sua
          inesauribile fecondità creatrice, il poeta-filosofo si sente superiore a ogni legge e a
          ogni  forma  definita.  Come  un  dio  onnipotente  e  capriccioso  egli  distrugge
          incessantemente e incessantemente ricrea, e prova un piacere supremo in questo suo
          distaccato giocare con tutte le forme. L’ironia romantica fu teorizzata da F. Schlegel,

          sotto l’influenza del titanismo dell’io di Fichte.
          Bibliogr.: F. Paulhan, La morale de l’ironie, Parigi 1909: R. Janke, Das Wesen der
          Ironie, Lipsia 1929; V. Jankélévitch, L’ironie ou la bonne conscience, Parigi 1936;
          F. Wegener, Die romantische und dialektische Ironie, Arnsberg 1931; B. Allemann,
          Ironie und Dichtung,  Pfullingen  1956;  N.  Knox, The word  Irony and its context,

          1500-1755, Durham 1961.
          IRRAZIONALISMO,  Dottrina  che  pone  a  fondamento  della  realtà  un  principio
          irrazionale e contesta più o meno radicalmente alla ragione la posizione di organo
          unico  o  privilegiato  della  conoscenza.  Genericamente  entro  la  classe  molto
          indeterminata  dell’irrazionalismo  possono  essere  ricondotte  tutte  le  filosofie  che

          esprimano dubbi sulla capacità della ragione a fornire una conoscenza e un controllo
          adeguati della realtà. Va tuttavia osservato che lo stesso termine ragione non ha un
          significato  univoco  e  che  pertanto  sul  piano  della  polemica  filosofica  l’accusa  di
          irrazionalismo può volgersi nelle direzioni più varie e imprevedibili.
          Due celebri esempi di irrazionalismo sono costituiti dalla filosofia di Schopenhauer
          e da quella di Bergson. Per Schopenhauer il fondamento ultimo della realtà è una «
          forza cieca », la volontà, che agisce senza alcuna motivazione: tutti gli eventi sono

          perciò « privi di senso » e la storia ha tanta razionalità quanta ne contiene il tale told
          by  an  idiot  (racconto  fatto  da  un  idiota)  di  shakespeariana  memoria.  Qui
          l’irrazionalismo  nasce  da  una  scelta  metafisica  pregiudiziale,  che  rovescia
          l’identificazione hegeliana della realtà col processo stesso dell’idea. Per Bergson la
          realtà  è evoluzione creatrice e resta impenetrabile alla ragione, che è condannata,
          col suo armamentario di simboli e di schemi, a rimanere sempre alla superfìcie delle

          cose.
          C’è però una forma di conoscenza diretta e immediata, l’intuizione, che scende nel
          cuore del reale e ne coglie il senso profondo. Il tono della scelta irrazionalistica in
          questo  caso  è  dato  piuttosto  dalla  fede  in  una  forma  di  conoscenza  privilegiata,
          incontrollabile se non proprio ineffabile, che è libera dagli impacci e dai limiti della
          ragione.  Un’accentuazione  più  fortemente  pessimistica  si  può  trovare  quando  la
          scelta  irrazionalistica  è  motivata  al  tempo  stesso  dalla  constatazione

          dell’insignificanza del mondo e dell’impotenza della ragione.
          Bibliogr.:  Un  ampio  panorama  dello  sviluppo  delle  correnti  irrazionalistiche
          moderne, sino ai più recenti sviluppi, condotto da un punto di vista marxista e con
          robusta  vena  polemica  è  lo  studio  di  G.  Lukács, La  distruzione  della  ragione

          (1955),  Torino  1959;  da  un  punto  di  vista  completamente  diverso  si  colloca
          l’interpretazione  di  K.  Löwitz, Da  Hegel  a  Nietzsche  (1949),  Torino  1964,  che
          copre grosso modo lo stesso periodo.
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