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costituisce l’individuo come tale, distinguendolo nella sua particolarità da tutti gli
altri, è un problema tipicamente scolastico. Sant’Alberto Magno e san Tommaso
concordemente fissano come principio di individuazione la materia, e precisamente
la materia signata quantitate, cioè determinata nelle dimensioni e nella posizione
spaziale. Duns Scoto attribuisce invece la funzione individuale al l‘ecceità*.
INDIVIDUO. I problemi dell’individuo umano nei suoi rapporti con gli altri e con
la società nel suo complesso sono al centro delle dottrine morali e delle teorie
politiche. In particolare il tema dei rapporti fra individuo e società è stato affrontato
da punti di vista assai vari, movendo dalle due posizioni estreme
dell’individualismo anarchico (l’individuo si realizza e si salva opponendosi alla
società) e del collettivismo (l’individuo acquista pienezza solo come cellula
dell’organismo sociale). La democrazia moderna tende a porsi, anche sul piano della
riflessione teorica, come una sorta di mediazione fra puro individualismo e puro
collettivismo, configurandosi come quell’ordine sociale nel quale il complesso dei
vincoli e delle obbligazioni è visto in funzione della massima esplicazione
dell’umanità e della creatività di ciascuno. Lo spiritualismo classico distingueva
l’individuo dalla persona insistendo sul carattere esteriore, biologico e materiale del
primo, in opposizione al carattere interiore, morale e spirituale della seconda.
La pretesa di una separazione radicale del corporeo dallo spirituale (a prescindere
naturalmente dall’aspetto metafisico-religioso della questione) appare priva di
giustificazione, in un’epoca in cui fra l’altro il condizionamento biochimico della
psiche appare provato sperimentalmente. Nell’uso corrente della psicologia la
nozione di personalità (che ha assorbito in sé categorie psicologiche ormai consunte,
come quella di carattere e quella di temperamento) implica l’esistenza di una
transizione continua dall’individuo alla persona morale. La persona morale è
radicata sul complesso della personalità e la dignità universale di questa (dovuta,
secondo Kant, alla presenza della ragione, o, secondo la metafisica cristiana, al
carattere eterno e immateriale della sua componente spirituale) è solo il coronamento
dello sviluppo dell’individuo. Ma anche per chi insiste su questa unità inscindibile
dei vari elementi della personalità e sul carattere storico-mondano della persona
conserva tutto il suo valore l’imperativo kantiano di considerare l’umanità
dell’uomo, « in se stesso e negli altri », come un fine, e mai come un mezzo.
D’altro canto, se, abbandonando l’astrattezza della posizione kantiana, si fonda la
dignità dell’uomo non solo sulla ragione, di cui egli è portatore, ma su tutte quelle
componenti che fanno della nozione di individuo umano concreto la nozione più
ricca fra quante siano concepibili, e cioè sull’individualità fisica, sull’affettività,
sulla capacità di sentire il dolore, sull’eredità storico-biologica in lui concentrata, e
via dicendo, allora la persona spirituale finisce per confondersi con l’individuo e si
deve concludere che bisogna rispettare non solo ogni individuo, ma tutto l’individuo,
e cioè tanto l’integrità corporale, la vita, la felicità, quanto la ragione. Le varie
dichiarazioni dei diritti dell’uomo che si sono succedute dopo la Rivoluzione
francese hanno espresso questo approfondimento concreto di una nozione in origine
puramente formale, sotto la spinta sia dell’ulteriore riflessione sui problemi morali,