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IMPERATIVO categorico, nella morale kantiana, V. CATEGORICO.
          IMPRESSO.  In  contrapposizione  a  quelle  espresse*,  per  gli  scolastici  sono idee
          impresse quelle che si producono per azione diretta della specie* sulla mente.
          JÑĀNA  (voce  sanscrita, conoscenza).  Una delle forme per raggiungere la salvezza

          (moksa), predicata da numerose scuole filosofiche dell’India.  Le altre forme sono
          costituite dall’ascesi (yoga) e dall’adorazione confidente (bhakti).
          INCLINAZIONE.  Tendenza  abituale  e  costante  dell’uomo  verso  certi  tipi  di
          comportamento,  Nella  trattazione  positivistica  dell’etica,  tale  nozione  ha  avuto  un
          rilievo  notevole:  ne  fu  anche  elaborata  una  classificazione  che  distingueva
          inclinazioni egoistiche, altruistiche  e superiori.  La  difficoltà  di  ricondurre  entro

          categorie così rigide la complessità contraddittoria dei vari tipi di comportamento
          era  peraltro  già  chiara  allo  Spencer,  che  costruì  lo  schema  intermedio  dell‘ego-
          altruismo. (V. SENTIMENTO, TENDENZA.)
          INCONOSCIBILE.  Tutte  le  filosofie  che  pongono  limiti  alla  conoscenza  umana

          ammettono  di  conseguenza  l’esistenza  di  un’area più  o  meno  vasta  di  realtà
          inconoscibile.  Nel  caso  dello  scetticismo,  o  almeno  delle  sue  manifestazioni  più
          radicali, quest’area può addirittura coincidere con la totalità del reale, dal momento
          che  di  nulla  si  può  avere  una  conoscenza  di  soddisfacente  certezza.  Kant  chiama
          inconoscibile il mondo delle « cose in sé », cioè la realtà non condizionata dalle
          intuizioni  pure  dello  spazio  e  del  tempo  e  dalle  categorie.  Per  Comte  restano
          inconoscibili  le  cause  profonde  dei  fenomeni,  cosicché  la  scienza  umana  deve

          limitarsi a descrivere solo « come » essi accadono. Può darsi che all’affermazione
          dei limiti della capacità conoscitiva della ragione umana si accompagni il ricorso a
          forme di approccio alla realtà considerate più comprensive e penetranti. Tale è il
          caso  del  filosofo  inglese  Hamilton,  che  usa  il  termine  «  Inconoscibile  »  come
          sinonimo  di  Dio.  Poiché  conoscenza  è  determinazione  e  delimitazione,  l’essere
          infinito si sottrae a essa per la sua stessa natura.  Tuttavia ciò che non può essere

          conosciuto  deve  essere  «  creduto  »  e  la  fede  è  per  così  dire  la  ragione
          dell’Inconoscibile.  In  Spencer  la  determinazione  di  una  sfera  dell’inconoscibile,
          sottratta per la sua stessa natura all’indagine scientifica, si accompagna a una sorta di
          divisione  di  compiti  fra  la  scienza,  che  ha  per  sé  il  relativo  conoscibile,  e  la
          religione, cui compete l’assoluto inconoscibile.
          INCONSCIO.  Ogni  contenuto  psichico  non  presente  alla  coscienza,  a  cui  ha

          difficilmente  accesso.  (L’inconscio  si  differenzia  dal preconscio  in  quanto
          quest’ultimo è « capace di coscienza », ossia può diventare facilmente cosciente.)
          Leibniz per primo richiamò l’attenzione su certi contenuti psichici, troppo deboli e
          troppo confusi per arrivare fino alle soglie della coscienza, e tuttavia responsabili
          dei gusti, delle simpatie e delle antipatie, e in genere di tutti i comportamenti e le
          reazioni che non hanno una chiara giustificazione razionale. La nozione fu accettata

          anche da Kant, il quale non ritenne affatto fondata l’obiezione, risalente a Locke, del
          carattere  contraddittorio  del  concetto  stesso  di inconscio.  Secondo  il  filosofo
          inglese, infatti, per un fatto mentale, esistere significa essere presente alla coscienza:
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