Page 421 - Dizionario di Filosofia
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IMMANENZA. Nella filosofia scolastica l’immanenza indica quel carattere specifico

          dell’attività  dei  viventi  per  cui  l’azione  (es.  sentire,  intendere,  volere,  ecc.)  si
          esaurisce nel soggetto stesso che la compie (actio immanens), senza passare su un
          oggetto esterno (in questo caso si parla di actio transiens, azione transitiva). Tale
          distinzione, benché formulata con termini diversi, è già presente in Aristotele, che
          usa il verbo enypárchein per indicare la qualità dell’azione dei soggetti viventi, che
          ha in sé il proprio fine, in contrapposizione con quella dei non viventi.  In questa

          prospettiva Spinoza afferma che « Dio è causa immanente e non transitiva di tutte le
          cose », cioè che Dio è causa di tutte le cose che sono in lui e nulla esiste al di fuori
          di  lui.  In  sostanza  Dio  è  la  natura  stessa,  e  viceversa.  Tale  teoria  spinoziana
          confluisce  nel  panteismo  ed  è  perciò  in  contrasto  con  l’ortodossia  cattolica,  che
          risolve il rapporto Dio-mondo con il concetto opposto della trascendenza, ovvero
          assegnando a Dio un’esistenza separata dalle cose.
          Nel  pensiero  moderno  l’antitesi  immanenzatrascendenza  si  è  trasferita  nel  piano

          gnoseologico.  Il  principio  di  immanenza,  già  implicito  nel cogito  ergo  sum
          cartesiano e negli empiristi inglesi, è per Kant la regola fondamentale del conoscere:
          l’affermazione kantiana dell’immanenza delle forme a priori al pensiero comporta la
          non  liceità  della  loro  applicazione  al  di  fuori  dell’ambito  dell’esperienza,  la
          necessità  di  un  uso  «  immanente  »  e  non  «  trascendente  »  della  ragione.  La
          radicalizzazione  di  tale  principio  nell’idealismo  postkantiano,  che  può  definirsi

          essenzialmente  come  «  filosofia  immanentistica  »  (Fichte:  «  La  cosa  è  ciò  che  è
          posto dall’io »), ha come conseguenza metafìsica la riduzione di ogni forma di realtà
          alla coscienza, ovvero l’identificazione del reale con il razionale.
          • Filosofia dell’immanenza fu detta in particolare una corrente fiorita tra il XIX e il
          XX sec., in reazione al materialismo ma differenziata dall’idealismo, con caposcuola
          Wilhelm Schuppe*.
          •  Metodo  dell’immanenza,  espressione  con  cui  Blondel  e  taluni  suoi  seguaci

          (Laberthonnière) indicarono il metodo seguito dalla loro nuova apologetica, la quale,
          accettando  certe  premesse  soggettivistiche  della  filosofia  moderna,  finiva  per
          scoprire nell’interiorità dell’uomo l’esigenza insopprimibile di Dio.
          IMMATERIALISMO.  Termine  introdotto  da  Berkeley  per  designare  il  tratto

          fondamentale  della  sua  filosofia,  la  quale,  rifiutando  la  classica  distinzione  tra
          qualità primarie e secondarie, afferma la sola realtà della percezione da parte degli
          individui  finiti,  in  quanto  intelligenze  spirituali.  Da  ciò  deriva  l’unicità  della
          sostanza spirituale come essenza dell’universo. In Berkeley tale posizione ha un esito
          teologico e mistico, che consente di evitare un rifiuto assoluto del senso comune. Le
          scienze naturali acquistano perciò un valore strumentale, nella misura in cui operano
          sui segni (percezioni), trasmessi all’uomo dall’essere infinito che è Dio.

          IMMORALISMO. In genere, ogni atteggiamento di rifiuto delle norme etiche; in senso
          specifico, la teoria nietzschiana del rifiuto radicale della morale tradizionale e del «
          rovesciamento dei valori ».
          IMMORTALITÀ.  La  credenza  nell’immortalità  dell’anima  individuale  è  parte

          integrante di molte concezioni religiose e di molte filosofie; la Chiesa cattolica la
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