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individuali; idoli della piazza (idola fori), quelli che derivano dal linguaggio e dagli
errori di prospettiva in esso cristallizzati; idoli del teatro (idola theatri), quelli che
sono impliciti nei vari sistemi filosofici, paragonabili a macchinosi e fantastici
spettacoli teatrali.
IÈROCLE, in gr. Hieroklês, filosofo neoplatonico di Alessandria (v sec. d.C.). È
verosimile che in Atene abbia avuto come maestro Plutarco. Succedette nello
scolarcato della scuola di Alessandria ad Olimpiodoro. Ci sono pervenuti ampi
frammenti dei suoi scritti, e cioè del Commentario ai Versi aurei di Pitagora e del
trattato Sulla provvidenza, sul fato e sulla nostra situazione rispetto alla potenza
divina. In questa seconda opera Ierocle, evidentemente influenzato dal pensiero
cristiano, corregge le dottrine platoniche e stoiche ammettendo da un lato la
creazione del mondo dal nulla e dall’altro la libertà umana, che egli non ritiene
incompatibile con un fato inteso come provvidenza divina inflessibilmente giusta.
ILLUMINAZIONE (TEORIA DELLA). In Sant’Agostino e nei suoi seguaci, la teoria
secondo cui l’uomo, grazie all’azione della « Luce » divina, riesce a cogliere per
intuizione l’intelligibile in sé, separato dal sensibile, ovvero la verità.
ILLUMINISMO. Movimento culturale diffusosi in Europa nel XVIII sec. e caratterizzato
dalla fede nel progresso della civiltà e nell’emancipazione dell’uomo sotto la guida
dei « lumi » della ragione. Le sue origini sono da ricercare nella cultura filosofico-
scientifica dal XVII SEC. in Inghilterra e nei Paesi Bassi, ma la sua diffusione europea
si verificò nel XVIII sec., prevalentemente attraverso la mediazione della cultura
francese, che poté contare su condizioni politico-sociali stimolanti, su personalità di
rilievo eccezionale, come Voltaire, Diderot, d’Alembert, e su strumenti di diffusione
di efficacia esemplare, come l’Enciclopedia*. Nel giudizio degli illuministi il
mondo interiore dell’umanità contemporanea offriva un impressionante panorama di
assurdità, di superstizioni e pregiudizi, così come l’organizzazione politico-sociale
rivelava stridenti incongruenze e intollerabili ingiustizie. Tuttavia questo
atteggiamento critico si accompagnava a una profonda fede nella ragione quale
strumento di liberazione dall’errore. Perciò il filosofo dell’età dei lumi fu un
intellettuale di nuovo tipo, profondamente consapevole della sua responsabilità
sociale e dei suoi doveri verso l’umanità. Collocandosi storicamente fra le due
rivoluzioni moderne che si è soliti qualificare come « borghesi », quella inglese del
1688 e quella francese del 1789, l’illuminismo voleva instaurare un regno della
ragione dal quale fossero aboliti i privilegi nobiliari ed ecclesiastici e gli arbitri
dell’assolutismo. Elevando a ideali la ragione, la libertà e l’uguaglianza, la
borghesia operava una sorta di sublimazione dei concreti obiettivi della sua lotta per
il predominio nella società; ma al di là della considerazione dei limiti delle
istituzioni politico-sociali scaturite dal successo della nuova classe dominante, quei
principi erano sentiti come valori universali ed eterni, insiti nella stessa immutabile
natura dell’uomo. Ciò non toglie che lo slancio democratico dell’illuminismo
risultasse solo potenziale: il messaggio dell’uguaglianza non riguardava il «
popolaccio » o la « canaglia » (Voltaire), abbrutita dall’assillo dei bisogni
elementari, ma solo la gente di qualità, gli honnêtes hommes.