Page 413 - Dizionario di Filosofia
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per Cartesio, è solo un approdo provvisorio per procedere alla riaffermazione delle

          realtà  temporaneamente  lasciate  in  sospeso  dal  dubbio  metodico.  Dall’idea  di
          perfezione ritrovata nel proprio stesso pensiero  Cartesio ricava la necessità di un
          Essere perfetto, dal quale solo può essere derivata quell’idea. Dunque Dio esiste, ed
          esiste  anche  il  mondo  esterno,  non  essendo  compatibile  con  la  veracità  divina
          l’ipotesi  della  creatura  umana  totalmente  suggestionata  da  parvenze  illusorie  e
          ingannata  dai  sensi.  Per  questa  via  Cartesio  esce  dall’idealismo  e  giunge  a  un

          realismo dualistico (la realtà è costituita da due sostanze, lo spirito e la materia) di
          tradizione cristiana. Va anche aggiunto che questo realismo dualistico inclina verso
          i l realismo  spiritualistico  nella  misura  in  cui  una  delle  due  sostanze,  e  cioè  la
          materia,  è  concepita  come  derivata  e  subalterna  rispetto  allo  spirito.  L’idealismo
          soggettivo, che in Cartesio era solo una posizione provvisoria, diventa in Berkeley
          conclusione, se pure in forma tutta particolare. Berkeley nega l’esistenza del mondo
          esterno  (idealismo  immaterialistico)  e  riduce  resistenza  dell’oggetto  alla

          rappresentazione che di esso ha il soggetto: « Esistere è essere percepito » (esse est
          percipi).  Qui  si  ha  un  vero  e  proprio idealismo  dogmatico,  nel  senso  kantiano
          dell’espressione:  solo  l’io  esiste,  e  il  mondo  esterno  è  tutto  nell’io.  Berkeley
          peraltro  non  rimane  fermo  su  questa  posizione  estrema,  anche  perché  la  sua  fede
          religiosa gli dà per certa resistenza di Dio e di altri centri di coscienza. Egli giunge
          così, come appare con particolare evidenza in una delle sue ultime opere, Siris, a un

          idealismo oggettivo, almeno dal punto di vista delle menti finite. L’universo fìsico è
          un sistema di idee contenute nella Mente assoluta di Dio, e le menti finite conoscono
          la  realtà  in  quanto  «  vedono  »  le  idee  nella  Mente  divina.  Questa  posizione  di
          pensiero  si  avvicina  notevolmente  alla  «  visione  delle  cose  in  Dio  »  e
          all‘occasionalismo  di  Malebranche.  Va  tuttavia  osservato  che,  a  prescindere  dal
          rapporto  di  subordinazione  delle  menti  finite  alla  Mente  divina,  la  posizione  di
          idealismo  dogmatico  resta  inalterata:  spazio,  materia  e  mondo  esterno  sono

          costruzioni fittizie dell’immaginazione, che si risolvono tutte in quella che è per la
          realtà  oggettiva  l’unica  forma  di  esistenza  possibile,  e  cioè  l’essere  un’idea
          contenuta in una mente che la pensa.
          All’idealismo,  nell’accezione  di  almeno  tendenziale  riduzione  dell’essere  alla
          rappresentazione,  deve  anche  essere  ricondotta  la  filosofia  di  Kant.  In  verità  il

          filosofo  della  «  rivoluzione  copernicana  »  era  convinto  che  la  sua  dottrina  della
          trascendentalità delle forme includesse una confutazione definitiva dell’idealismo
          soggettivo e valesse a fondare un « realismo critico », depurato delle ingenuità del
          realismo  dogmatico.  Ma  la  linea  interpretativa  del  criticismo  che  ebbe  maggiore
          successo  nel XIX sec. mise in evidenza il fatto che per  Kant l’uomo conosce solo
          fenomeni,  cioè  una  realtà  condizionata  dalle  forme  del  soggetto,  che  sono  le
          intuizioni  pure  della  sensibilità  e  le  categorie  dell’intelletto.  La  ragione  umana
          impone  le  sue  leggi  al  mondo  conosciuto  e  il  mondo  è  dunque  una  costruzione

          dell’io, anche se al di là della realtà fenomenica resta il noumeno, la cosa in sé, che
          sarebbe conoscibile solo mediante una intuizione intellettuale, di cui la mente finita è
          peraltro  incapace.  L’influenza  della  concezione  kantiana  della  realtà  come
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