Page 408 - Dizionario di Filosofia
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coscienza (1933), L’alternativa (1938), Il male (1947), Trattato sulle virtù (1949).
          JASPERS  (Karl),  filosofo  e  psichiatra  tedesco  (Oldenburgo  1883  -  Basilea  1969).
          Professore  ad  Heidelberg  dal  1921  al  1937,  dopo  un  periodo  di  insegnamento  a
          Basilea, connesso con la sua severa e dignitosa opposizione al nazismo, riprese la

          sua cattedra nel 1945. Già affermatosi con alcuni importanti studi di psicologia e di
          psicopatologia, nei quali aveva messo a profitto anche la sua conoscenza di Husserl,
          si  dedicò  solo  relativamente  tardi  in  forma  esclusiva  agli  studi  filosofici,  verso  i
          quali  lo  indirizzavano  la  sensibilità  religiosa,  la  tensione  di  una  coscienza
          problematica,  la  lettura  assidua  prima  di  Kierkegaard  e  poi  di  Nietzsche.  Ogni
          tentativo di abbracciare l’essere, in qualunque forma venga compiuto, è per Jaspers
          destinato al fallimento. L’essere è sempre al di là, è l’orizzonte irraggiungibile che si

          sposta col movimento stesso della ricerca. L’uomo rivolge allora su se stesso come
          singolo la direzione del suo cercare, perché l’esistenza, in una compenetrazione che
          pare  totale  deil’indagine  e  del  suo  oggetto,  offra  una  risposta  meno  elusiva  alla
          domanda sull’essere. Senonché anche l’esistenza è trascendenza, il che significa che
          essa  si  costituisce  richiamandosi  sempre  a  un  altro  da  sé.  Questo  carattere
          fondamentale, che sfugge all’indagine scientifica, si rivela con angosciosa pregnanza

          in quelle che Jaspers chiama « situazioni-limite » (Grenzsituationen): nella morte,
          per es., che attesta l’inevitabilità del nostro fallimento e la presenza ineliminabile di
          qualcosa  che  ci  trascende  e  ci  condiziona.  Il  torto  della  filosofia  razionalistica  è
          nella pretesa di conseguire una conoscenza positiva e scientifica del trascendente,
          come  quello  della  religione  è  nell’abbandonarsi  alla  fede  in  una  rivelazione
          garantita. La filosofia come « schiarimento dell’esistenza » è un modo di vivere, un
          impegno di probità e di rigore che dà un accesso all’essere, anche se si tratta di un

          accesso non di tipo scientifico-razionale. L’esistenza è libertà, intendendo peraltro
          quest’ultima come persuasa accettazione delle condizioni di fatto in cui l’uomo si
          trova  «  gettato  »  (amor fati).  In  essa  la  trascendenza  si  rivela  attraverso cifre  e
          simboli,  che  l’uomo  può  interpretare  solo  se  si  apre  ad  essi  nell’autenticità  e
          nell’umiltà della tensione esistenziale.
          Opere  principali: Psicologia  delle  concezioni  del  mondo  (Psychologie  der

          Weltanschauungen,  1919), La  situazione  spirituale  del  tempo(1931), Filosofia
          (1932), Ragione ed Esistenza (1935), Filosofia dell’esistenza (1938), Della verità
          (1947), La  bomba  atomica  ed  il  futuro  dell’umanità  (1957), Filosofia  e  mondo
          (1958).
          Bibliogr.:  In  italiano: Psicopatologia  generale,  Roma  1964; Psicologia  delle

          visioni del mondo, Roma 1950; La mia filosofia, a cura di R. De Rosa, Torino 1946;
          La colpa della Germania,  Napoli 1947; Introduzione alla filosofia, Milano 1959;
          Metafisica,  Milano  1972; Origine  e  senso  della  storia,  Milano  1972;  su  J.:  P.
          Ricoeur, Gabriel  Marcel  et  K.  Jaspers,  Parigi  1948;  L.  Pareyson, Esistenza  e
          persona, Torino 1960.

          IBN BAGIA (Abū  Bakr  Muhammad ibn Yahyā), noto nel mondo occidentale con il
          nome di Avempace, filosofo musulmano di Spagna (Saragozza seconda metà dell’XI
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