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condizionata dall’io e conformata secondo le strutture di questo è stata larghissima e
si è estesa a correnti filosofiche anche molto lontane dal criticismo. Per la filosofia
spiritualistica italiana del primo Ottocento l’errore fondamentale del pensiero
moderno è l’idealismo (chiamato anche psicologismo), e cioè la negazione
dell’autonomia dell’ente rispetto al pensiero. Rosmini e Gioberti citano Kant come
una sorta di catalogo esemplare degli errori (quali lo scetticismo e il soggettivismo
morale), che accompagnano di necessità la scelta della risposta idealistica al
problema della conoscenza. D’altra parte, a conferma delle profonde ragioni storiche
che hanno orientato verso l’idealismo gnoseologico tanta parte del pensiero
moderno, va ricordato che Gioberti coglieva polemicamente tracce di idealismo più
o meno inconsapevole nel pensiero di Rosmini e che anche la sua filosofia non è
immune da influenze idealistiche. La grande filosofia romantica tedesca, che si
manifesta prevalentemente nel pensiero di Fichte, di Schelling e di Hegel, si
qualifica anch’essa come idealismo. Senonché va sottolineato che qui il problema
della conoscenza e del rapporto fra soggetto e oggetto è per così dire lasciato alle
spalle, mentre il termine « idealismo » designa piuttosto la tendenza comune a quelle
filosofie, e tipica comunque dell’hegelismo, a identificare l’ideale col finito. La
ricerca della razionalità del reale è il compito costituzionale della filosofia, la quale
lo realizza nella misura in cui toglie il finito dal limbo dell’insignificanza e della
casualità e lo innalza nel cielo dell’idea. Per questo Hegel può dire che ogni
filosofia è idealismo, qualunque sia l’etichetta di scuola con cui viene qualificata.
Anche per Fichte la filosofia degli spiriti liberi è sempre idealistica, mentre
l’opposto atteggiamento realistico, che egli qualifica come « dogmatico », è
soprattutto segno di fiacchezza morale. Si intende agevolmente dunque che
nell’accezione romantica l’idealismo è una sorta di fede nell’assoluta significanza
dell’universo, accompagnata dall’impegno operoso di dare con la ricerca la
testimonianza ininterrotta di questa unità del reale e dell’ideale, del finito e
dell’infinito. Tutti i filosofi che si ispirano più o meno direttamente all’idealismo
romantico, e in particolare in Italia il Croce e il Gentile, sono idealisti in questo
senso molto particolare.
Se ora ci si domanda che cosa abbia conservato la civiltà contemporanea di tutta
questa tradizione, la risposta non può essere che molto limitativa. Nell’epoca in cui
viviamo il pensiero filosofico ha messo l’accento sui limiti e sulla condizionatezza
dell’uomo, « buttato » nel mondo e sempre sottoposto al rischio del fallimento e del
naufragio. In una realtà incerta e precaria non c’è un senso garantito: al massimo può
essere vero che rientri nelle possibilità dell’uomo dare un senso alla vita e alle cose,
ma nulla assicura che il dramma debba essere per forza a lieto fine. Anche
l’idealismo come soggettivismo gnoseologico appare oggi espressione di una
problematica che ha perduto gran parte del suo mordente e del suo significato. La
filosofia moderna ha operato, movendo da posizioni molto differenti, un radicale
ridimensionamento dell’importanza del soggetto. Esso non è più concepito come un
centro autonomo di energia creatrice. Sulla scia di Husserl l’esistenzialismo riduce
in genere la soggettività a rapporto con l’altro, la cosiddetta « trascendenza ». «