Page 400 - Dizionario di Filosofia
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cristianesimo  in  particolare,  le  quali  uscirono  con  pseudonimi  e  circolarono

          clandestinamente;  in  esse  Holbach  voleva  di  volta  in  volta  smascherare  «
          l’impostura  sacerdotale  »,  svelare  il  vero  spirito  dei  Vangeli,  ricondurre  entro
          dimensioni  storiche  le  figure  del  Cristo  e  di  san  Paolo.  L’opera  maggiore  è  il
          Sistema della natura (1770), che è stato definito la « Bibbia del materialismo ateo
          ».  Vi  compaiono  in  forma  sistematica  tutte  le  idee  del  filosofo:  la  materia  e  il
          movimento  esistono  da  sempre  e  bastano  a  spiegare  ogni  fenomeno;  il  pensiero  è

          solo  un  riflesso  della  vita  biologica;  la  libertà  è  un’illusione;  Dio  non  esiste;  le
          religioni  sono  strumenti  del  dispotismo;  l’innatismo  e  l’idealismo  soggettivo  sono
          effetti  dell’indebita  intrusione  di  esigenze  religiose  nella  filosofia.  L’estremismo
          dell’opera suscitò ostilità e critiche, anche da parte di illuministi quali d’Alembert e
          lo stesso Voltaire.

          Bibliogr.: Le système de la nature, a cura di Y.  Beiaval,  Hildesheim 1966; altre
          raccolte di testi: R. Hubert, D’Holbach et ses amis,  Parigi 1928; Textes choisis, a
          cura di P. Charbonnel, Parigi 1957; Bicentenaire du « Système de la nature », textes
          holbachiens peu connus, a cura di J. Vercruysse, Parigi 1970; Le bon sens, a cura di
          J. Deprun, Parigi 1971; per la bibliografia: J. Vercruysse, Bibliographie descriptive
          des  écrits  du  Baron  D’Holbach,  Parigi  1971;  su  D’H.:  M.  P.  Cushing, Baron

          d’Holbach; a study of eighteenth century radicalism in France, Nuova York 1914;
          P.  Naville, Paul  Thiry d’Holbach et la philosophie scientifique au  XVIII siècle,
          Parigi  1967;  V.  W.  Topazio,  D’Holbach  moral  philosophy;  its  background  and
          development, Ginevra 1956.
          homo  faber,  espressione  lat.  che  significa uomo  artefice,  usata  da  Bergson  per

          designare l’uomo primitivo, in quanto totalmente impegnato nel compito di forgiare
          gli  strumenti  artificiali  utili  per  la  sua  sopravvivenza.  L’intelligenza  si  sviluppa,
          secondo Bergson, come organo tipico di questa funzione praticoutilitaria e conserva
          sempre i caratteri di rigidità e di aridità che le derivano da tale origine: di qui la sua
          incomprensione del movimento e della vita (v. anche homo sapiens).

          homo  homini  lupus,  espressione  lat.  che  significa l’uomo  è  lupo  per  l’uomo,
          sentenza  di  Plauto  (Asinaria,  v.  495),  ripresa  da  Bacone  e  da  Hobbes,  la  quale
          sottolinea  con  efficace  concisione  l’egoismo  e  l’aggressività  propri  della  natura
          umana.

          homo sapiens,  espressione  lat.  che  significa uomo sapiente  (denominazione  della
          specie  umana  nella  classificazione  di  Linneo);  nella  filosofia  di  Bergson,  designa
          l’uomo  non  più  solo faber,  cioè  esclusivamente  impegnato  nella  costruzione  di
          strumenti  utili  alla  sopravvivenza,  ma  giunto  ormai,  grazie  all’intelligenza,  a  un
          soddisfacente  grado  di  adattamento  all’ambiente. A  questo  livello  dell’evoluzione

          l’essere umano può cominciare a pensare liberamente, oltrepassando l’incombenza
          del  presente.  Un  tale  privilegio,  che  distingue  la  specie  umana  dagli  animali  e
          discende  dalla  superiorità  dell’intelligenza  sull’istinto,  procura  all’uomo
          disponibilità e agi sempre crescenti e lo aiuta a ritrovare l’intuizione*.
          HORKHEIMER (Max), sociologo e filosofo tedesco (Stoccarda 1895 -  Norimberga
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