Page 399 - Dizionario di Filosofia
P. 399

costruzione di una scienza politica rigorosa. Gli uomini perseguono istintivamente la
          propria conservazione: per sottrarsi alla violenza senza limite che regna nello stato
          di natura (giacché l’uomo non è affatto quell’ « animale socievole » che riteneva
          Aristotele) essi stipulano un accordo (contratto sociale), in forza del quale tutti i
          diritti individuali vengono trasferiti allo  Stato.  In seguito a questa cessione totale,
          che  d’altronde  è  la  condizione  necessaria  della  convivenza  civile,  il  giusto,

          l’ingiusto e perfino la verità religiosa hanno come unico fondamento le scelte della
          volontà  sovrana.  La  dottrina  di  Hobbes  è  una  teorizzazione  coerente  e  rigorosa
          dell’assolutismo politico e deriva da una concezione pessimistica della natura umana
          (homo homini lupus), che ricorda quella di  Machiavelli.  Il potere assoluto del re
          non discende da un presunto diritto divino, ma trae origine da quel contratto che ha
          fatto uscire gli uomini dalla precarietà dello stato di natura: si ha qui una sorta di
          capovolgimento  ironico  dell’ipo  tesi  contrattualistica,  usata  abitualmente  nel  la

          polemica  antiassolutistica  proprio  per  giustificare  la  richiesta  di  limitazione  del
          potere regio.
          Bibliogr.: The english works, a cura di W. Molesworth, II voll., Londra 1839-1845;
          Opera philosophica quae latine scripsit, a cura di W. Molesworth, 5 voll., Londra

          1839-1845;  in  italiano: Elementi  filosofici  del  cittadino,  a  cura  di  N.  Bobbio,
          Torino  1959; Elementi di legge naturale e politica, a cura di A.  Pacchi,  Firenze
          1968; Leviatano,  a  cura  di  G.  Micheli,  Firenze  1975;  su  H.:  F.  Brandt, Thomas
          Hobbes’s mechanical conception of nature , Londra 1928; A. Levi, La filosofia di
          Tommaso  Hobbes,  Milano  1929;  J.  Laird, Hobbes,  Londra-Nuova York  1934;  R.
          Polin, Politique et philosophy chez  Thomas  Hobbes,  Parigi  1952;  H.  Warrender,
          The political philosophy of Hobbes, Oxford 1957; C. B. MacPherson, The political

          theory of possessive individualism, Oxford 1962; Aa. Vv., Hobbes studies, Oxford
          1965; A. Pacchi, Convenzione e ipotesi nella formazione della filosofia naturale di
          Thomas Hobbes, Firenze 1965; D. P. Gauthier, The logic of Leviathan, Oxford 1969.
          HODGSON  (Shadworth  Holloway),  filosofo  inglese  (Boston,  Lincolnshire,  1832  -

          Londra  1912).  Fu  il  fondatore  e  il  primo  presidente  della  Aristotelian  Society,
          destinata a divenire uno dei centri più vivaci del dibattito filosofico in Inghilterra
          (influente anche per la pubblicazione dei suoi atti: Proceedings of A. S.) ed uno dei
          massimi  rappresentanti  del  realismo  critico,  al  quale  pervenne  attraverso  una
          revisione di quelli che egli giudicava gli arbitrari presupposti soggettivistici della
          gnoseologia kantiana e dell’idealismo in genere. Opere principali: Tempo e spazio
          (1865), Teoria della pratica (1870), La metafisica dell’esperienza (1898).

          HOLBACH  (Paul  Henri  DIETRICH,  barone D’),  filosofo  francese  (Heidesheim,
          Palatinato  renano,  1723  -  Parigi  1789).  Di  nobile  e  ricca  famiglia  tedesca,
          trasferitosi a Parigi, si fece francese e profuse le sue sostanze per la diffusione delle
          nuove idee, raccogliendo intorno a sé nella propria casa gli intellettuali francesi e

          stranieri, tra cui l’abate Galiani, che lo definì « maître d’hôtel de la philosophie ». In
          realtà  il  suo  estremismo  e  la  sua  tendenza  alla  semplificazione  sono  tipici  del
          dilettante.  Scrisse  molte  opere  polemiche  contro  la  religione  in  genere  e  il
   394   395   396   397   398   399   400   401   402   403   404