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costruzione di una scienza politica rigorosa. Gli uomini perseguono istintivamente la
propria conservazione: per sottrarsi alla violenza senza limite che regna nello stato
di natura (giacché l’uomo non è affatto quell’ « animale socievole » che riteneva
Aristotele) essi stipulano un accordo (contratto sociale), in forza del quale tutti i
diritti individuali vengono trasferiti allo Stato. In seguito a questa cessione totale,
che d’altronde è la condizione necessaria della convivenza civile, il giusto,
l’ingiusto e perfino la verità religiosa hanno come unico fondamento le scelte della
volontà sovrana. La dottrina di Hobbes è una teorizzazione coerente e rigorosa
dell’assolutismo politico e deriva da una concezione pessimistica della natura umana
(homo homini lupus), che ricorda quella di Machiavelli. Il potere assoluto del re
non discende da un presunto diritto divino, ma trae origine da quel contratto che ha
fatto uscire gli uomini dalla precarietà dello stato di natura: si ha qui una sorta di
capovolgimento ironico dell’ipo tesi contrattualistica, usata abitualmente nel la
polemica antiassolutistica proprio per giustificare la richiesta di limitazione del
potere regio.
Bibliogr.: The english works, a cura di W. Molesworth, II voll., Londra 1839-1845;
Opera philosophica quae latine scripsit, a cura di W. Molesworth, 5 voll., Londra
1839-1845; in italiano: Elementi filosofici del cittadino, a cura di N. Bobbio,
Torino 1959; Elementi di legge naturale e politica, a cura di A. Pacchi, Firenze
1968; Leviatano, a cura di G. Micheli, Firenze 1975; su H.: F. Brandt, Thomas
Hobbes’s mechanical conception of nature , Londra 1928; A. Levi, La filosofia di
Tommaso Hobbes, Milano 1929; J. Laird, Hobbes, Londra-Nuova York 1934; R.
Polin, Politique et philosophy chez Thomas Hobbes, Parigi 1952; H. Warrender,
The political philosophy of Hobbes, Oxford 1957; C. B. MacPherson, The political
theory of possessive individualism, Oxford 1962; Aa. Vv., Hobbes studies, Oxford
1965; A. Pacchi, Convenzione e ipotesi nella formazione della filosofia naturale di
Thomas Hobbes, Firenze 1965; D. P. Gauthier, The logic of Leviathan, Oxford 1969.
HODGSON (Shadworth Holloway), filosofo inglese (Boston, Lincolnshire, 1832 -
Londra 1912). Fu il fondatore e il primo presidente della Aristotelian Society,
destinata a divenire uno dei centri più vivaci del dibattito filosofico in Inghilterra
(influente anche per la pubblicazione dei suoi atti: Proceedings of A. S.) ed uno dei
massimi rappresentanti del realismo critico, al quale pervenne attraverso una
revisione di quelli che egli giudicava gli arbitrari presupposti soggettivistici della
gnoseologia kantiana e dell’idealismo in genere. Opere principali: Tempo e spazio
(1865), Teoria della pratica (1870), La metafisica dell’esperienza (1898).
HOLBACH (Paul Henri DIETRICH, barone D’), filosofo francese (Heidesheim,
Palatinato renano, 1723 - Parigi 1789). Di nobile e ricca famiglia tedesca,
trasferitosi a Parigi, si fece francese e profuse le sue sostanze per la diffusione delle
nuove idee, raccogliendo intorno a sé nella propria casa gli intellettuali francesi e
stranieri, tra cui l’abate Galiani, che lo definì « maître d’hôtel de la philosophie ». In
realtà il suo estremismo e la sua tendenza alla semplificazione sono tipici del
dilettante. Scrisse molte opere polemiche contro la religione in genere e il