Page 393 - Dizionario di Filosofia
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Heidegger ha derivato il procedimento di ricerca che, puntando direttamente « alle

          cose stesse » (Zu den  Sachen selbst), lascia che l’essere si riveli oggettivamente
          alla contemplazione analitica, senza interventi integrativi e deformanti. Negli scritti
          pubblicati dopo il 1937 si viene sempre meglio delineando l’accennata tendenza a
          proporsi  l’indagine  sull’essere  come  costruzione  di  una  scienza  oggettiva  e
          contemplativa, a concepire la verità come autodisvelamento dell’essere e a vedere
          nella  parola  e  nella  poesia  in  particolare  una  autorivelazione  della  verità:  «  il

          linguaggio è la casa dell’essere e in questa dimora abita l’uomo ». Nella Essenza
          della verità (1943) o nella Lettera sull’umanismo (Über den Humanismus, 1947),
          la  riflessione  parte  dalla  luce  dell’essere  o  dal  «  possesso  dell’uomo  da  parte
          dell’essere » e le successive analisi particolari si presentano solo come illustrazioni
          e  chiarificazioni  didattiche  del  dato  ontologico.  La  difficoltà  e  l’oscurità  della
          filosofia  di  Heidegger  e  il  suo  carattere  ondeggiante  e  inafferrabile  sono  in  parte
          l’immagine stessa del suo modo di intendere la realtà e la verità, giacché l’essere si

          esprime e si rivela in una labilità e ambiguità di segni, che è arduo fermare. Ai temi
          esistenziali di Essere e tempo si sostituisce un’analisi della libertà in Dell’essenza
          del  fondamento  (1929),  dell’angoscia  e  del  nulla  in Che  cosa  è  la  metafisica?
          (1929), del sacro e dell’esoterismo poetico in Hölderlin e l’essenza della poesia
          (1937)  e  nella Dottrina  della  verità  di  Platone  (1947).  Ma  l’ambiguità
          fondamentale  resta  tuttavia  quella  tra  la  filosofia  intesa  come  domanda  emergente

          dalla  concretezza  dell’esserci,  e  dunque  come  problematica  esistenziale,  e  la
          filosofia concepita invece come oracolare autorivelazione dell’essere. Fra le altre
          opere di Heidegger: Kant e il problema della metafisica (1929), Sentieri nel bosco
          (Holzwege,  1950),  Introduzione  alla  metafisica  (1953),  La  proposizione  sul  fon
          lamento (1957), Identità e differenza (1957).

          Bibliogr.: In italiano: Che cos’è la metafisica?, Firenze 1936; Hölderlin e l’essenza
          della poesia, Milano 1937; Essere e tempo, Milano 1953; Kant e il problema della
          metafisica,  Milano  1962; Sentieri  interrotti,  Firenze  1968; Introduzione  alla
          metafisica,  Milano  1968;  su  H.:  P.  Chiodi, L’esistenzialismo,  Torino  1955;  P.
          Chiodi, L’ultimo  Heidegger,  Torino  1960;  N.  Abbagnano, Introduzione
          all’esistenzialismo,  Milano  1965;  G.  Vattimo, Introduzione  a  Heidegger,  Bari

          1971.
          HEISENBERG  (Werner),  fìsico  tedesco  (Würzburg  1901).  Nel  1927  divenne
          professore di fisica teorica all’università di  Lipsia e nel 1941 direttore del  Max-
          Planck-Institut für Physik a Berlino. L’importanza dei suoi lavori, che lo pongono in
          primo piano tra i fisici teorici contemporanei, gli valse il premio Nobel per la fisica

          nel 1932. Egli è infatti uno dei fondatori della moderna meccanica quantistica: nel
          1925, elaborò la meccanica delle matrici, sviluppata successivamente da M. Born e
          P. Jordan, come nuovo strumento matematico adatto a descrivere un atomo senza fare
          intervenire  concetti  e  quantità  su  cui  a  priori  non  è  possibile  avere  informazioni
          sperimentali.  La  teoria  di  Bohr  dell’atomo  di  idrogeno  si  era  dimostrata  infatti
          insufficiente  a  spiegare  sistemi  un  po’  più  complessi,  quali  l’atomo  di  elio,  e

          Heisenberg interpretò questo fallimento come una conseguenza delle leggi classiche
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