Page 389 - Dizionario di Filosofia
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approssimativamente col termine « superamento ». Ora, se il pensiero vuole rendere
senza deformarla una realtà cosiffatta, deve elevarsi a una forma di comprensione
che non sia mero riconoscimento del dato singolo (identità) e rassegnata
accettazione dell’estraneità del diverso (contraddizione), ma che colga invece «
l’unità delle determinazioni nella loro opposizione ». Questo è il sapere speculativo
o « positivorazionale », secondo la terminologia hegeliana, e la sua « anima motrice
» è la dialettica. In sostanza il movimento dialettico esprime la continua
inadeguatezza tra il vero e il concetto, dando luogo a uno sviluppo necessario che
rappresenta, nel suo insieme, l’esperienza filosofica.
La filosofia, che ripete nel suo sistema, depurandolo dalle contingenze, lo
svolgimento del pensiero nella storia, si divide in tre parti: la logica, scienza
dell’idea in sé e per sé; la filosofia della natura, scienza dell’idea nel suo alienarsi
da sé; la filosofia dello spirito, scienza dell’idea che dal suo alienarsi ritorna in sé.
La logica non si deve intendere qui come determinazione di forme astratte
applicabili a un contenuto, ma come scienza della realtà considerata nella sua
essenza necessaria: il suo regno è, per esprimersi teologicamente, quello di Dio «
prima della creazione ». La filosofia della natura, esposta in forma sistematica nella
seconda parte dell’Enciclopedia, è senza dubbio l’elemento più caduco della grande
costruzione hegeliana: l’impegno della deduzione dialettica dei fenomeni doveva
necessariamente dar luogo a forzature e ad arbitri. Al culmine della natura c’è
l’individuo vivente, che ha già il proprio fine in se stesso e preannuncia in tal modo
il ritorno dell’idea in sé: nasce così lo spirito, cioè l’idea che afferma se stessa nella
propria libertà. La filosofia dello spirito, che è la parte più viva della filosofia
hegeliana, include la trattazione dello spirito soggettivo (nella quale vengono ripresi
i temi antropologici della Fenomenologia), dello spirito oggettivo e dello spirito
assoluto. Hegel intende per spirito oggettivo la ragione incarnata nelle istituzioni
storiche dell’umanità. Dal superamento delle opposte astrattezze del diritto e della
morale emerge l’eticità, nella quale l’interiorità individuale vive in perfetta
consonanza con le norme e gli ideali della comunità. I limiti biologici della famiglia
e quelli economici della società civile, tenuta insieme dal connettivo della
produzione e dello scambio, vengono superati nella concretezza del momento
supremo dell’eticità, che è lo Stato. Questo è lo « spirito vivente », il « Dio reale »,
entro il quale soltanto l’individuo realizza compiutamente se stesso. La pluralità
degli Stati storici implica la necessità dei conflitti e la prevalenza successiva dei
vari popoli. Il predominio politicomilitare è solo l’aspetto esteriore della
supremazia spirituale: vince sempre chi ha ragione e « la storia del mondo è il
tribunale del mondo ». Lo spirito, che si è oggettivato nella storia, ritorna infine in se
stesso, conquistandosi come interiorità suprema, come principio e fine di tutta la
realtà. Esso si fa così assoluto e la realtà si risolve in autocomprensione totale, nelle
forme oppostamente inadeguate dell’arte e della religione e finalmente nella
filosofia, sintesi e inveramento dei due momenti: essa è tutto il reale tornato al suo
principio e tradotto integralmente in autotrasparenza concettuale. Questo è il sistema
di Hegel, al compimento del quale la massima enunciata nella prefazione ai