Page 392 - Dizionario di Filosofia
P. 392

hegeliani », criticarono il nihilismo, l’intellettualismo e l’impotenza politica degli

          antichi compagni nelle opere La sacra famiglia* e L’ideologia tedesca*.
          3. Un neohegelismo di destra, assai meno fedele della destra originaria alla lettera e
          alla struttura del sistema e caratterizzato in genere dall’accettazione dell’idealismo
          (cioè  della  riduzione  degli  individui  e  della  storia  a  manifestazioni  dello  spirito
          assoluto), della dialettica, seppure variamente corretta e riformata, e, in alcuni suoi
          rappresentanti, anche della dottrina dell’eticità dello Stato. Questo movimento si è

          sviluppato prevalentemente in Italia e in Germania, ma ha avuto un certo peso anche
          nella cultura filosofica anglosassone.  Mentre però in  Germania il ritorno a  Hegel,
          con  R.  Kroner,  S.  Mark  e  A.  Liebert,  non  è  stato  molto  più  di  un  episodio
          accademico, in Italia B. Spaventa e soprattutto B. Croce e G. Gentile sono stati in
          diversa  misura  pensatori  originali  e  hanno  occupato  (segnatamente  il  Croce)
          posizioni  di  straordinario  rilievo  nella  vita  italiana  della  prima  metà  del  nostro
          secolo.

          4. Il marxismo, che nacque filosoficamente come « capovolgimento » della dialettica
          e  sviluppò  dalle  premesse  hegeliane  un’originale  concezione  del  mondo  e  della
          storia e una dottrina rivoluzionaria destinata a eccezionale fortuna.
          5. Infine quegli orientamenti della filosofia moderna e contemporanea, sui quali il
          pensiero di Hegel ha agito in forma meno diretta e in modi più compositi, come la
          fenomenologia* e l’esistenzialismo*.

          Bibliogr.:  Due  testi  introducono  rispettivamente  alla  tematica  della  «  sinistra  »  e
          della « destra » hegeliane: La sinistra hegeliana, a cura di K. Lowith, Bari 1960;
          Gli hegeliani liberali, a cura di G. Oldrini, Bari 1974.

          HEIDEGGER  (Martin),  filosofo  tedesco  (Messkirch,  Baden,  1889-1976).  Frequentò
          l’università di Friburgo in Brisgovia, seguì l’insegnamento di Rickert e si laureò nel
          1914.  Subito  dopo  entrò  in  rapporto  con  Husserl  e  conseguì  nel  1916  la  libera
          docenza con La dottrina delle categorie e del significato di Duns Scoto, che risente
          dell’influenza  husserliana.  Nel  1923  fu  chiamato  a  insegnare  a  Marburgo,  dove
          pubblicò  il  primo  volume  di Essere e tempo*.  L’anno  seguente  tornò  a  Friburgo,

          occupando  la  cattedra  che  era  stata  di  Husserl.  Eletto  rettore  nel  1933,  si  dimise
          l’anno seguente, ma continuò a manifestare in vari modi la sua adesione al nazismo.
          Fu per questo sospeso nel 1945, ma poté poi riprendere l’insegnamento nel 1952.
          Secondo Heidegger l’analisi porta alla luce le strutture fondamentali dell’« esistenza
          »: la trascendenza, l’esserenelmondo, la cura (Sorge), il mondo come progetto, la
          deiezione (Geworfenheit) come caduta dell’uomo nell’esistenza anonima, l’essere-
          per-la-morte  come  esistenza autentica,  l’angoscia  come  tonalità  affettiva  della

          comprensione  del nulla dell’esistenza, la temporalità,  la storicità,  il destino, ecc.
          Lo  scopo  della  ricerca  filosofica  è  la  costituzione  di  un’ontologia  e  l’analitica
          esistenziale è solo un preludio necessario di quella. Interrogando l’esserci (Dasein),
          cioè  l’uomo  come  particolare  modo  dell’Essere,  la  filosofia  ha  di  mira  l’essere
          stesso  e  la  determinazione  del  suo  senso  fondamentale.  Il  metodo  riflessivo,  che
          consiste nel mettere in evidenza il senso di tutte le esperienze e nel cogliere al fondo

          di  esse  la  presenza  dell’essere,  è  chiamato  «  fenomenologico  »:  da  Husserl
   387   388   389   390   391   392   393   394   395   396   397