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praedae  rimasto  inedito  fino  al  1868)  nel  quale  sosteneva,  contro  Spagnoli,

          Portoghesi e  Inglesi, il diritto alla libera navigazione sul quale i suoi compatrioti
          fondavano parte della loro fortuna, fu nominato nel 1603 storiografo ufficiale.
          Attento ai problemi religiosi, prese parte, come esponente della corrente liberale, al
          sinodo di Dordrecht (1618-1619), nel quale fu condannato per l’appoggio dato alle
          posizioni di Oldenbarnevelt. Riuscito a sfuggire alla cattura si rifugiò in Francia, ove
          si  trattenne  presso  Luigi  XIII,  che  gli  fece  avere  una  pensione.  Più  tardi  (1634),

          assillato  da  chi  voleva  indurlo  ad  abbandonare  la  religione  riformata,  accettò  la
          carica  di  ambasciatore  di  Svezia.  Le  opere  di  Grozio  spaziano  dalla  storia  alla
          teologia, alla giurisprudenza; la sua memoria è prevalentemente affidata al De iure
          belli ac pacis (1625), che è stata oggetto nell’ultimo cinquantennio di una fervida
          ripresa di studi. Si vede nel Grozio, oltre che il fondatore del diritto internazionale e
          uno spirito sensibile che si sforzò di eliminare o ridurre le guerre, l’asservimento
          dell’uomo all’uomo, le inutili stragi, il teorico dell’umanizzazione del diritto.  Per

          Grozio il sistema giuridico riposa sulla massima pacta sunt servanda (i patti devono
          essere mantenuti), che giustifica i poteri del re nei riguardi dei sudditi ma, al tempo
          stesso,  li  limita  al  nucleo  centrale  dell’accordo  iniziale  fra  il  primo  re  e  i  primi
          sudditi.
          La massima ha inoltre estensione latissima; essa vincola i popoli nel loro complesso
          e gli stessi sovrani: Grozio indicava in questo modo la direzione in cui si sarebbe

          mossa la corrente che da lui ha inizio, il giusnaturalismo*.
          Il diritto e la stessa organizzazione sociale sono visti esclusivamente come creazione
          dell’uomo: essi sono pertanto validi anche in una società atea; in questo modo era
          sganciato  il  concetto  di  diritto  naturale  da  quello  di  diritto  divino.  Nell’opera  di
          Grozio  infine  si  ravvisa  una  delle  prime  aperte  formulazioni  del  principio  della
          libertà religiosa.

          Bibliogr.: In italiano: Prolegomeni al diritto della guerra e della pace, a cura di G.
          Fassò, Bologna 1961; La religione cristiana, a cura di F. De Michelis, Bari 1974;
          per  la  bibliografia:  J.  Ter  Meulen  e  P.  J.  J.  Diermanse, Bibliographie  des  écrits
          imprimés de Hugo Grotius, L’Aia 1950; su G.: W. S. M. Knight, The life and works
          of Hugo Grotius, Londra 1925; J. Joubert, Étude sur Grotius, Parigi 1935; Aa. Vv.,

          Hommage à Grotius, Losanna 1946; A. Corsano, U. Grozio, l’umanista, il teologo,
          il giurista,  Bari  1948;  G.  Ambrosetti, I  presupposti  teologici  e  speculativi  delle
          concezioni giuridiche di Grozio, Bologna 1955; F. De Michelis, Le origini storiche
          e culturali del pensiero di Ugo Grozio, Firenze 1967.
          GUGLIELMO d’Auvergne o d’Alvernia, filosofo scolastico francese (Aurillac fine

          del XII  sec.  -  Parigi  1249).  Vescovo  di  Parigi  dal  1228  cercò  vanamente  di  far
          applicare nell’università il divieto di leggere i testi aristotelici ed arabi, il che gli
          procurò i rimproveri di papa Gregorio IX. Guglielmo, che è da considerare il primo
          grande  scolastico,  è  autore  del Magisterium  divinale,  una summa  teologico-
          filosofica  di  ispirazione  moderata  e possibilista  fra  l’antico  e  il  nuovo:  tale
          atteggiamento  dette  l’avvio  al  successivo  assorbimento  di  molti  temi  aristotelico-

          avicennisti. Per parte sua egli fu comunque molto fermo nel respingere ogni forma di
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