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GIUSNATURALISMO.  Dottrina  filosoficopolitica  dei  secc. XVII-XVIII,  che  affermava

          l’esistenza di diritti naturali, innati, dei quali l’uomo non si spoglia al suo ingresso
          nella società.
          Esso rappresenta la trasposizione nel mondo giuridico di quel preminente interesse
          per  l’uomo  in  quanto  cardine  dell’intera  vita  sociale  che  aveva  caratterizzato  il
          mondo rinascimentale contribuendo a determinare la  Riforma protestante.  Si suole
          considerare  fondatore  della  scuola  del  diritto  naturale  il  Grozio,  per  la  sua

          affermazione che esiste un ordine naturale, creato dalla razionalità umana, valido di
          per  sé  quale  che  sia  la  fede,  la  nazionalità,  le  idee  di  ogni  uomo.  La  profonda
          differenziazione  che  Grozio  aveva  tracciata  fra  diritto  naturale  e  diritto  divino  fu
          approfondita  dai  successori,  Hobbes,  Spinoza,  Locke,  che  ancor  più  nettamente
          separarono  il  diritto  dalla  morale.  La  dottrina  ebbe  una  grande  importanza,
          specialmente  politica:  per  Grozio  lo  Stato,  l’intero  ordinamento,  riposava  sul
          rispetto delia massima pacta sunt servanda (« occorre rispettare gli impegni »), sia

          con allusione ai rapporti fra uomo e uomo, sia nei rapporti fra sudditi e principe. La
          vecchia dottrina del trasferimento dei poteri dal popolo al sovrano, mediante una Lex
          regia  de  imperio,  trovava  nuovo  vigore  e  serviva  a  porre  le  premesse  per  una
          limitazione dei poteri dello Stato. Considerato che ogni uomo nasce libero, dotato di
          una sfera di diritti (appunto i diritti naturali) che trovano origine nella sua natura di
          essere razionale, ai quali egli stesso solo in parte può rinunziare perché rinunziare a

          essi equivarrebbe a rinunziare alla propria razionalità, ne derivava la conseguenza
          che lo Stato non avrebbe potuto o dovuto contrastare il libero esercizio di tali diritti.
          Le conclusioni di Grozio furono in parte modificate dai successori: per Hobbes il
          contratto col quale gli uomini dallo stato di natura passavano allo stato sociale aveva
          carattere  di  rinuncia  definitiva  a  favore  dello  Stato;  la  dottrina  era  cioè  svolta  in
          chiave  assolutistica,  accettandone  quella  che  era  la  premessa  prima,  la
          desacralizzazione del diritto, ma distorcendola a finalità diverse, alla finalità cioè

          della  rimozione  dell’ostacolo  che  il  diritto  divino  in  qualche  modo  aveva
          rappresentato  al  dilagante  assolutismo  statale.  Per  Spinoza  lo  Stato  doveva
          rappresentare  l’attuazione  della  ragione  nei  confronti  del  mondo  dominato  dalle
          passioni;  per  Locke  il  rispetto  e  la  garanzia  dei  diritti  naturali  era  il  metro  di
          valutazione della giustizia e legittimità dei poteri; per Pufendorf, che forse fu il più

          conseguente fra i giusnaturalisti, la socialità del diritto porta alla necessità di uno
          Stato  assolutistico  ma  illuminato;  per  Tomasio,  ultimo  pensatore  della  scuola,  i
          diritti naturali sono suscettibili di una precisa qualificazione, giacché si tratta non di
          diritti  astratti  ma  di  concrete  manifestazioni  della  vita  spirituale  e  culturale  degli
          uomini, che dovrebbero sfociare nella libertà di pensiero, di coscienza, di fede.
          Seguita prevalentemente fuori d’Italia, la scuola del diritto naturale aprì la strada
          alle  riforme  in  Inghilterra  (Bill  of  Rights  del  1689),  contribuì  potentemente  alla
          Rivoluzione americana e a quella francese, fu strumento di pensiero e di azione dai

          risultati  ancor  oggi  parzialmente  validi.  Principale  fra  i  difetti  della  scuola
          l’indulgenza all’astrattismo, la considerazione di una natura umana uguale ovunque e
          sempre, immutabile, tale che, identificatene le regole, esse siano indifferentemente
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