Page 367 - Dizionario di Filosofia
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Gioberti  sta  nell’avere  polemicamente  individuato  nell’immobilità  attribuita  alla

          tradizione  italiana  un  privilegio  da  contrapporre  all’inquietudine  rivoluzionaria
          dell’Europa. In Italia è la sede del papato; in Italia il cattolicesimo, sintesi di tutti i
          valori della civiltà, è ancora integro possesso di tutta la collettività nazionale e ha
          meglio  conservato  la  sua  fisionomia.  Gioberti  traccia,  sulle  orme  del  Vico,  una
          sintesi  tendenziosa  della  storia  d’Italia,  nell’intento  di  verificare  l’esistenza  di  un
          privilegio provvidenziale, che dai mitici originari Pelasgi, attraverso la civiltà della

          Magna  Grecia,  Roma, il medioevo cristiano, ha fatto in modo che l’equilibrio fra
          tradizione e progresso, fra sacerdozio e laicato, fra intellettuali e popolo, fra libertà
          e  unità  organica,  rimanesse  un  tesoro  tanto  grande  quanto  ignorato  della  nazione
          italiana. L’Italia deve prendere coscienza di questi valori e mettersi così alla testa
          del movimento di reintegrazione della vera civiltà nel mondo moderno. Questo è il
          senso del Primato morale e civile degli Italiani, l’opera-manifesto che dette origine
          al movimento neoguelfo. Come obiettivo politico immediato il Primato propone, in

          contrapposizione all’unitarismo mazziniano, una federazione degli Stati italiani sotto
          la presidenza onoraria del pontefice.
          Il Gioberti dottrinario politico presuppone, in parte, il Gioberti filosofo. Qui il suo
          intento dichiarato è quello di fondare una filosofia veramente oggettiva, parendogli
          lo « psicologismo » (soggettivismo) il male di cui soffre tutta la filosofia moderna,
          non  esclusa  quella  rettamente  intenzionata,  come  è  il  caso  del  pensiero  di  A.

          Rosmini. La discussione degli errori del Rosmini costituisce un momento importante
          della maturazione filosofica del Gioberti, secondo il quale si deve muovere da un
          primo  ontologico,  da  una  realtà  assoluta,  che  è  data  all’uomo  attraverso  l’intuito
          originario. L’oggetto di questo è l’Ente nella sua pienezza, non l’idea di esso, come
          aveva ritenuto il  Rosmini, naufragando così anche lui nello psicologismo.  Di più,
          l’Ente che si presenta all’intuito non è chiuso in se stesso, ma è attività creatrice,
          sicché la « formula ideale » suona: l’Ente crea l’esistente. La scienza umana è «

          riflessione  ontologica  »,  cioè  elaborazione  razionale  di  tutto  quanto  è  implicito
          nell’intuito originario. La storia dell’umanità è l’infinito processo attraverso cui «
          l’esistente  ritorna  all’Ente  ».  Quello  che  Gioberti  chiama  «  l’ingegno  »,  cioè  la
          cultura,  la  civiltà,  il  prodotto  della  personalità  degli  intellettuali,  trasforma
          attraverso un processo infinito il mondo sensibile creato (mimesi) in razionalità, o

          mentalità,  come  egli  preferisce  dire.  Questo  movimento  di  ritorno  dell’esistente
          all’Ente è anche indicato dal Gioberti platonicamente con la parola metessi. Così la
          civiltà  umana  appare  in  qualche  modo  come  un  complemento  necessario  della
          creazione e tutta la storia diventa storia sacra.
          Opere principali, oltre al Primato e al Rinnovamento: Teorica del Sovrannaturale
          (1838), Introduzione allo studio delia filosofia (1839-1840), Degli errori filosofici
          di A. Rosmini (1841), Prolegomeni al Primato  (1845), Il gesuita moderno (1846-
          1847) e, fra le postume, Della riforma cattolica della Chiesa  (1856), La filosofia

          della Rivelazione (1857), Della protologia (1857).
          Bibliogr.: Opere edite e inedite, in corso di pubblicazione, a cura di  E.  Castelli,
          Milano 1938 e segg.; Del rinnovamento, a cura di F. Nicolini, 3 voll., Bari 1911-
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