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dall’epoca romana al 1700 erano ricostruite sotto la specie della lotta tra  Stato e

          Chiesa, rappresentando lo Stato il bene, la civiltà e il progresso e la Chiesa il male
          ed  il  regresso.  L’opera  (la  cui  tesi  centrale  era  che  la  Chiesa,  libera  come  ente
          spirituale, derivava invece le sue attribuzioni temporali unicamente da concessioni
          dello Stato, investito della sua sovranità direttamente da Dio), suscitò vasti echi in
          Europa, ottenendo le lodi di Montesquieu, Voltaire e Gibbon.
          Scomunicato dall’arcivescovo di Napoli (marzo 1723) il Giannone nel 1724 dovette

          riparare a Vienna, presso l’imperatore Carlo VI, dove dal 1723 al 1734 sviluppò in
          vari  trattatelli  polemici  (Sulle  scomuniche  invalide,  Professione  di  fede,
          Sull’arcivescovato  beneventano,  ecc.,  compresi  poi  in  parte  nell’Apologia
          dell’Istoria civile) alcuni punti dell’Istoria, e compose la parte maggiore dell’altra
          sua grande opera, edita soltanto nel 1895 con il titolo di Triregno (nello scritto, di
          chiaro  orientamento  illuministico,  si  sostiene  che  il  libero  svolgimento  della
          sovranità laica richiedeva la soppressione del papato e della gerarchia ecclesiastica

          e la piena sottomissione del clero allo Stato).
          Lasciata Vienna nel 1734, Giannone tentò invano di raggiungere Napoli passata ai
          Borboni,  e  dopo  brevi  soggiorni  a  Venezia,  Modena,  Milano  e  Ginevra,  fu  fatto
          passare con un inganno negli Stati piemontesi (1736), dove fu imprigionato.
          In carcere, dove rimase fino alla morte, lavorò alla stesura di un’ampia autobiografia
          e di quattro opere storiche (Discorsi sulle deche di Tito Livio, Apologia dei teologi

          scolastici, ecc.), in cui ritornano, anche se espressi in forma più cauta, i motivi delle
          opere maggiori.
          Bibliogr.:  Il Triregno è stato pubblicato a cura di A.  Parente, 3 voll.,  Bari 1940;
          l’Autobiografia, a cura di S. Bertelli, Milano 1960; su G.: F. Nicolini, Gli scritti e
          la fortuna di P. Giannone, Bari 1913; L. Marini, P. Giannone e il giannonismo a

          Napoli, nel Settecento, Bari 1950; B. Vigezzi, P. Giannone riformatore e storico,
          Milano 1961.
          GILBERTO Porretano o de La Porrée, filosofo scolastico francese (Poitiers 1076-
          1154). Succedette a Bernardo di Chartres nella direzione della scuola di Chartres e

          fu vescovo di Poitiers a partire dal 1141. Scrisse commenti alle opere di Boezio. Gli
          viene  anche  attribuito,  peraltro  con  molti  dubbi,  un  commento  alle Categorie  di
          Aristotele  noto  come Liber sex principiorum,  che  godette  di  grande  fortuna  nelle
          scuole medievali. L’ispirazione del pensiero del Porretano è platonica: gli universali
          esistono come subsistentiae, cioè come realtà prive di attributi accidentali, in questo
          solo  diversi  dagli  individui,  che  sono substantiae.  Realmente  esistente  è  anche
          l’unica deitas, di cui le tre persone della trinità partecipano come forma comune.

          Questa dottrina fu condannata nei concili di Parigi (1147) e di Reims (1148). Anche
          nell’analisi  del  concetto  di  creazione  il  Porretano  rivela  il  suo  platonismo,
          accentuando  la  funzione  mediatrice  delle  essenze  ideali,  frapposte  fra  Dio  e  gli
          individui.
                                                                                      e
          Bibliogr.: A. Forest, Gilbert de La Porrée et les écoles du XII siècle, « Revue de
          cours et conférences », 1934; M. E. Williams, The teaching of Gilbert Porretta on
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