Page 360 - Dizionario di Filosofia
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voll., Firenze 1948-1967; su G.: F. Chiocchetti, La filosofia di G. Gentile, Milano

          1922;  F.  D’Amato, G.  Gentile,  Milano  1927;  A.  Guzzo, Croce e  Gentile,  Lugano
          1953;  U.  Spirito, Note sul pensiero di  G.  Gentile,  Firenze  1954;  F.  Valentini, La
          Controriforma della dialettica, Roma 1966.
          GEOMETRÌA  (gr. geōmetría,  da gê, terra e métron, misura). Parte della matematica

          che ha per oggetto lo studio della struttura e delle proprietà dello spazio, degli enti in
          esso  contenuti  e  delle  sue  generalizzazioni.  La  geometria,  intesa  come  disciplina
          astratta e rigorosamente fondata su un metodo deduttivo, è una creazione originale
          dello spirito greco.
          I filosofi della scuola ionica, soprattutto Talete di Mileto (al quale numerosi teoremi
          di geometria elementare vengono ancora oggi attribuiti, sia pure con molte riserve),
          furono  i  primi  a  intuire  la  possibilità  di  dimostrare  le  proprietà  delle  figure
          geometriche, cioè di dedurle da alcuni principi intuitivi.

          Successivamente  la  scuola  pitagorica  diede  un  contributo  significativo  alla
          conoscenza  della  geometria  e  dell’aritmetica:  a  questa  scuola  si  fa  risalire,  tra
          l’altro, la scoperta delle grandezze incommensurabili, che rivoluzionò il concetto di
          numero accettato a quell’epoca; in effetti, i pitagorici ne compresero forse la novità,
          ma non dovettero intuirne il profondo significato. I problemi che nacquero da questa

          scoperta  suscitarono  le  critiche  degli  eleati  e  la  loro  difficoltà  venne  superata
          mediante  la  teoria  delle  proporzioni  elaborata  da  Eudosso  di  Cnido.  Il  progresso
          della  matematica  non  sembra  sia  stato  influenzato  dalla  filosofia  aristotelica,  né
          dall’aperto contrasto fra questa e la teoria platonica delle idee e dei numeri.
          Il  coronamento  di  tre  secoli  di  ricerche  si  manifestò  negli Elementi  di  Euclide
          d’Alessandria (III sec. a.C.). Gli Elementi, infatti, costituiscono la prima trattazione
          sistematica e rigorosa della geometria; essi, per lungo tempo, vennero considerati il
          testo perfetto e insuperabile, sia dal punto di vista dello svolgimento logico sia da

          quello  della  conoscenza.  La  materia,  esposta  nei  tredici  libri  costituenti  questa
          opera, coincide approssimativamente con l’odierna geometria elementare.
          La  trattazione  è  condotta  secondo  il  metodo  assiomatico  che,  dopo  essere  stato
          trascurato per molti secoli, fu ripreso e perfezionato nel secolo scorso e ha tuttora
          un’importanza  essenziale.  In  particolare,  nel  quinto  libro  degli Elementi  si  trova

          esposta  una  teoria  delle  grandezze,  basata  su  postulati,  ossia  verità  comunemente
          accettate senza dimostrazione. La trattazione della geometria si basa su un sistema di
          postulati,  alcuni  dei  quali  esplicitamente  enunciati  all’inizio  dei  vari  libri,  altri
          introdotti  dall’autore  nel  corso  di  una  dimostrazione:  famoso,  ad  esempio,  quello
          delle parallele.
          Nel III sec. a.C. la geometria raggiunge l’apogeo; l’opera dominante di quest’epoca
          rimane senza dubbio quella di Archimede (l’esatto calcolo di π eseguito per mezzo

          di approssimazioni successive, la determinazione del volume del cilindro e di quello
          della  sfera,  la  quadratura  del  segmento  parabolico,  l’introduzione  dei  momenti  in
          meccanica, ecc.), il quale, riprendendo il metodo di esaustione già usato da Eudosso
          ed  Euclide,  aprì  la  via  al  calcolo  integrale.  Archimede  unì  uno  spirito  critico
          rigoroso a una facoltà eccezionale d’osservazione e d’applicazione. Il suo metodo
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