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GENOVESI (Antonio), economista e scrittore italiano (Castiglione,  Salerno, 1713 -
          Napoli  1769).  Prese  gli  ordini  sacri  a  Napoli,  dove,  nel  1738,  ascoltò  le  ultime
          lezioni di Vico. Insegnò quindi metafìsica ed etica nell’ateneo napoletano, ma per le
          sue idee ispirate all’empirismo lockiano e per la sua opera Metafìsica (1743-1747)
          sarebbe stato condannato per eresia se non avesse avuto la protezione di Celestino
          Galiani,  prefetto  degli  studi.  In  questo  periodo  scrisse: Disciplinarum

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          metaphysicarum elementa (1743, 2  ed. in it. 1766), Elementa artis logico-criticae
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          (1745, 2  ed. in it. 1766). Dopo il 1754 si dedicò soprattutto ai problemi economici;
          divenne  titolare  della  prima  cattedra  di  economia  politica  d’Europa,  denominata
          cattedra di meccanica e di commercio. Nella sua opera fondamentale, pubblicata nel

          1765 con il titolo Delle lezioni di commercio, o sia d’economia civile, enuncia le
          regole da seguire per rendere la nazione « agiata, ricca e potente ». Egli considera
          l’agricoltura come l’attività economica più importante su cui sono fondate tutte le
          altre. Le sue idee sul commercio estero sono di netta ispirazione mercantilista poiché
          egli propugna il saldo attivo nella bilancia commerciale.  D’altra parte sostiene il

          libero commercio del grano e l’abolizione delle leggi annonarie.
          Bibliogr.:  Per  un’antologia  degli  scritti,  un’ampia  bibliografia  e  un  saggio
          introduttivo  confronta: Illuministi italiani, tomo  V, Riformatori napoletani, a cura
          di F. Venturi, Milanc-Napoli 1962; Autobiografia, lettere e altri scritti, a cura di G.
          Savarese, Milano 1962; su G.: G. Racioppi, A. Genovesi, Napoli 1871; L. Giordano,
          La filosofia eticogiuridica di A. Genovesi,  Città di  Castello 1897; A.  Santucci, Il

          problema della conoscenza nella filosofia dell’abate A. Genovesi, «  Il mulino »,
          1953;  L.  Villari, Il pensiero economico di A. Genovesi,  Firenze 1959;  F.  Venturi,
          Settecento riformatore, Torino 1969.
          GENTILE  (Giovanni),  filosofo  italiano  (Castelvetrano,  Trapani,  1875  -  Firenze

          1944).  Studiò  alla  Scuola  normale  superiore  di  Pisa  e  fu  docente  universitario  a
          Palermo,  a  Pisa  e  a  Roma.  Dal  1903  collaborò,  prevalentemente  con  contributi
          dedicati  alla  storia  della  filosofia  italiana,  alla  rivista La  Critica,  diretta  da
          Benedetto  Croce.  Nacque  fra  i  due  filosofi  una  amicizia  profonda,  che  i  dissensi
          speculativi  e  soprattutto  politici  dovevano  in  seguito  spezzare.  Dopo  l’avvento  al
          potere del fascismo, il Gentile fu ministro della pubblica istruzione fino al 1924 e in
          tale  veste  elaborò  e  attuò  quella  riforma  della  scuola  italiana  che  è  nota  appunto

          come « riforma Gentile ». Più tardi fu consigliere nazionale (membro del parlamento
          fascista)  e  senatore,  e  diresse  la  Scuola  normale  di  Pisa  e  l’Istituto  per
          l’Enciclopedia italiana; dal novembre 1943 alla morte, fu presidente dell’Accademia
          d’Italia. Anche  se  dopo  il  1929  il  peso  della  sua  influenza  sulla  politica  fascista
          andò indubbiamente diminuendo, egli rimase pur sempre uno degli intellettuali più

          rappresentativi del regime. Dopo l’8 settembre aderì alla repubblica di Salò. Cadde
          a Firenze per mano dei partigiani (15 aprile 1944), che vollero colpire in lui uno dei
          simboli del tradimento della cultura.
          Il pensiero del Gentile muove dalla revisione di Hegel operata dal più illustre degli
          hegeliani  di  destra  italiani,  Bertrando  Spaventa,  e  utilizza  con  una  assai  libera,  e
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