Page 358 - Dizionario di Filosofia
P. 358
GENOVESI (Antonio), economista e scrittore italiano (Castiglione, Salerno, 1713 -
Napoli 1769). Prese gli ordini sacri a Napoli, dove, nel 1738, ascoltò le ultime
lezioni di Vico. Insegnò quindi metafìsica ed etica nell’ateneo napoletano, ma per le
sue idee ispirate all’empirismo lockiano e per la sua opera Metafìsica (1743-1747)
sarebbe stato condannato per eresia se non avesse avuto la protezione di Celestino
Galiani, prefetto degli studi. In questo periodo scrisse: Disciplinarum
a
metaphysicarum elementa (1743, 2 ed. in it. 1766), Elementa artis logico-criticae
a
(1745, 2 ed. in it. 1766). Dopo il 1754 si dedicò soprattutto ai problemi economici;
divenne titolare della prima cattedra di economia politica d’Europa, denominata
cattedra di meccanica e di commercio. Nella sua opera fondamentale, pubblicata nel
1765 con il titolo Delle lezioni di commercio, o sia d’economia civile, enuncia le
regole da seguire per rendere la nazione « agiata, ricca e potente ». Egli considera
l’agricoltura come l’attività economica più importante su cui sono fondate tutte le
altre. Le sue idee sul commercio estero sono di netta ispirazione mercantilista poiché
egli propugna il saldo attivo nella bilancia commerciale. D’altra parte sostiene il
libero commercio del grano e l’abolizione delle leggi annonarie.
Bibliogr.: Per un’antologia degli scritti, un’ampia bibliografia e un saggio
introduttivo confronta: Illuministi italiani, tomo V, Riformatori napoletani, a cura
di F. Venturi, Milanc-Napoli 1962; Autobiografia, lettere e altri scritti, a cura di G.
Savarese, Milano 1962; su G.: G. Racioppi, A. Genovesi, Napoli 1871; L. Giordano,
La filosofia eticogiuridica di A. Genovesi, Città di Castello 1897; A. Santucci, Il
problema della conoscenza nella filosofia dell’abate A. Genovesi, « Il mulino »,
1953; L. Villari, Il pensiero economico di A. Genovesi, Firenze 1959; F. Venturi,
Settecento riformatore, Torino 1969.
GENTILE (Giovanni), filosofo italiano (Castelvetrano, Trapani, 1875 - Firenze
1944). Studiò alla Scuola normale superiore di Pisa e fu docente universitario a
Palermo, a Pisa e a Roma. Dal 1903 collaborò, prevalentemente con contributi
dedicati alla storia della filosofia italiana, alla rivista La Critica, diretta da
Benedetto Croce. Nacque fra i due filosofi una amicizia profonda, che i dissensi
speculativi e soprattutto politici dovevano in seguito spezzare. Dopo l’avvento al
potere del fascismo, il Gentile fu ministro della pubblica istruzione fino al 1924 e in
tale veste elaborò e attuò quella riforma della scuola italiana che è nota appunto
come « riforma Gentile ». Più tardi fu consigliere nazionale (membro del parlamento
fascista) e senatore, e diresse la Scuola normale di Pisa e l’Istituto per
l’Enciclopedia italiana; dal novembre 1943 alla morte, fu presidente dell’Accademia
d’Italia. Anche se dopo il 1929 il peso della sua influenza sulla politica fascista
andò indubbiamente diminuendo, egli rimase pur sempre uno degli intellettuali più
rappresentativi del regime. Dopo l’8 settembre aderì alla repubblica di Salò. Cadde
a Firenze per mano dei partigiani (15 aprile 1944), che vollero colpire in lui uno dei
simboli del tradimento della cultura.
Il pensiero del Gentile muove dalla revisione di Hegel operata dal più illustre degli
hegeliani di destra italiani, Bertrando Spaventa, e utilizza con una assai libera, e