Page 351 - Dizionario di Filosofia
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dell’epoca per i risultati che andava ottenendo nel campo fisico-matematico, quali la

          scoperta  dell’isocronismo  delle  oscillazioni  del  pendolo  (1583).  La  fama  di  cui
          godeva gli consentì di ottenere nel 1589 una cattedra di matematica a Pisa, che tenne
          fino al 1592; in questi anni cominciò a studiare l’astronomia e si dedicò ai problemi
          fondamentali della meccanica, esponendo in alcuni manoscritti — raccolti sotto il
          titolo De motu — una teoria che superava la concezione del moto della tradizione
          aristotelica. Nel 1592 ebbe dalla repubblica di Venezia una cattedra di matematica a

          Padova,  che  tenne  fino  al  1610,  in  un  ambiente  di  grande  vivacità  e  libertà  di
          pensiero. Durante il soggiorno a Padova, continuò gli studi di meccanica e si occupò
          della caduta dei gravi: espose i suoi risultati nell’opera Della scienza meccanica e
          delle utilità che si traggono dagli istrumenti di quella, che fu diffusa manoscritta e
          pubblicata  in  traduzione  francese  dal  Mersenne  nel  1634,  con  il  titolo Les
          Méchaniques. Alcune lettere, tra cui una a Keplero del 1597, testimoniano che egli
          aderiva alla teoria copernicana; in tre lezioni del 1604 sostenne anzi la validità di

          alcune prove di questa. Fin da allora fu carattere costante della sua opera la ricerca
          di applicazioni pratiche: in una piccola officina presso la propria casa di Padova,
          costruì  numerosi  strumenti  matematici  e  fisici:  la  realizzazione  più  importante  fu
          quella  del  cannocchiale.  Anche  se  già  alla  fine  del  Cinquecento  vetrai  italiani  e
          artigiani  dei  Paesi  Bassi  avevano  fabbricato  apparecchi  di  questo  tipo,  e  se  una
          teoria delle proprietà ottiche tale da permettere la costruzione del cannocchiale era

          stata esposta da G. B. Della Porta e da Keplero, Galileo fu il primo che si occupò
          sistematicamente  dello  strumento,  perfezionandolo  e  soprattutto  utilizzandolo  per
          osservazioni  astronomiche,  che  convalidarono  il  sistema  copernicano.  Scoprì  i
          quattro satelliti maggiori di Giove (che denominò « pianeti medicei »), le montagne e
          i crateri della Luna, le macchie solari: nel 1610 diede notizia delle sue osservazioni
          nel Sidereus nuncius, pubblicato a Venezia. Nello stesso anno Cosimo de’ Medici
          gli conferì la carica di « matematico primario dello studio di Pisa » senza obbligo di

          lezioni né di residenza: poté così trasferirsi a Firenze e dedicarsi completamente alla
          ricerca.  Benché  studiosi  insigni  come  Keplero  approvassero  le  sue  osservazioni
          astronomiche,  queste  trovavano  anche  molti  avversari:  lo  scienziato  sempre  più
          intensamente cercò nell’esame del cielo nuove prove del sistema copernicano, della
          cui verità era certo. Pubblicò il Discorso intorno alle cose che stanno in su l’acqua

          o che in quella si muovono (1612) [ove, contro la teoria aristotelica per la quale i
          corpi  galleggiano  per  la  presenza  di  un  elemento  aereo  che  tende  verso  l’alto,
          sviluppava  la  concezione  di Archimede  che  riduce  il  fenomeno  alla  differenza  di
          peso  specifico  tra  il  corpo  immerso  e  l’acqua;  inoltre  dimostrava  con  misure
          sperimentali che l’aria pesa] e l’Istoria e dimostrazione intorno alle macchie solari
          e  loro  accidenti  (1613),  in  polemica  con  il  gesuita  C.  Scheiner,  secondo  cui  le
          macchie nascevano da sciami di astri attorno al Sole, sicché restava salva la teoria
          aristotelica della perfezione dei corpi celesti: per Galileo era invece un fenomeno —

          simile  alle  nuvole  —  appartenente  all’atmosfera  del  Sole  e  la  rotazione  delle
          macchie  provava  il  moto  di  rotazione  del  Sole  su  se  stesso.  La  crescente  ostilità
          degli ambienti religiosi contro la teoria copernicana portò il Sant’Uffizio, nel 1616,
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