Page 335 - Dizionario di Filosofia
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degli  eventi  storici.  Nella  misura  in  cui,  nonostante  l’entusiasmo  e  le  apparenti
          certezze di alcuni atteggiamenti più radicali, fra il Seicento e il positivismo ci si è
          venuti  persuadendo  della  irriducibilità  dei  fenomeni  vitali  al  modello  meccanico,
          l’idea  della  finalità  è  sopravvissuta,  se  non  proprio  negli  uomini  impegnati  nel
          concreto della ricerca scientifica, certo almeno nei filosofi, convinti di aver titolo
          per interpretare il senso e i risultati di tali ricerche. Un esempio classico di questa

          sopravvivenza  è  la  posizione  assunta  da  Kant  nella Critica  del  giudizio,  dove  il
          riconoscimento della finalità oggettiva, estraneo alla comprensione scientifica della
          realtà, è però affidato al giudizio di sentimento.
          Nonostante  il  successo  veramente  straordinario  dell’evoluzionismo  finalistico  del
          francese  Teilhard*  de  Chardin,  le  correnti  più  autorevoli  del  pensiero
          contemporaneo  dichiarano  chiusa  la  millenaria  partita  con  le  cause  finali.  Così  il
          riconoscimento  dell’irriducibilità  dei  fenomeni  biologici  alle  loro  componenti

          fisico-chimiche  non  include  affatto  come  corollario  inevitabile  il  ritorno
          all’accettazione delle cause finali.
          Le  scoperte  della  genetica  sono  particolarmente  illuminanti  in  questo  senso.  E  la
          stessa attività pratica umana pare meglio intesa nel suo processo reale, se si ha il
          coraggio  di  rinunciare  alla  tradizionale  rappresentazione  della  sua  struttura
          finalistica e si fa ricorso alle nozioni assai più sottili e penetranti di motivazione e di

          comportamento.
          • Firialità e libertà. Certo, quando ci si rappresenta l’azione come il risultato di una
          scelta  libera,  sembra  impossibile  non  ricondurre  anche  questa  situazione  sotto  il
          concetto più ampio della finalità. Ma, come ha notato Einstein citando Schopenhauer:
          « Un uomo è senza dubbio libero di fare quello che vuole, ma non è affatto libero di
          volere quello che vuole ». In realtà la scelta è una sorta di mascheramento del reale
          processo della nostra azione, mascheramento operato sotto l’influenza delle nostre

          inclinazioni  finalistiche.  L’atto  della  scelta  non  è  soltanto  una  virtualità  che  si
          determina,  ma  dipende  anche  e  soprattutto  dalle  ragioni  anteriori,  dai  processi
          biologici e psicologici, da tutte le circostanze particolari, in una parola da tutte le
          lezioni  dell’esperienza  che  in  quel  momento  determinato  ci  inducono  a  scegliere.
          Anche in questo campo la vecchia causa finale aiuta dunque assai poco a capire.

          FINE.  Con  l’espressione regno  dei  fini,  Kant  indica  la  comunità  ideale  a  cui
          appartengono  tutti  gli  esseri  ragionevoli  in  quanto  regolano  la  loro  condotta  su
          principi universali.  L’essere ragionevole che agisce moralmente eleva la massima
          della  sua  condotta  a  norma  di  una  legislazione  universale,  in  forza  della  quale  si
          costituisce  il regno  dei  fini:  un  regno  nel  quale  l’uomo  essendo  al  tempo  stesso
          legislatore e suddito, diventa un fine in sé.

          FINK (Eugen), filosofo tedesco (Costanza 1905). Per diversi anni collaboratore di
          Husserl,  dal  1948  è  libero  docente  di  filosofia  all’università  di  Friburgo  in
          Brisgovia.  Egli  affronta  il  problema  della  moderna  filosofia  dell’esistenza  come
          tentativo  di  fondare  una  nuova  cosmologia;  rifiuta  la  cosmologia  della  tradizione
          metafisica,  trattandola  invece  attraverso  il  pensiero  di  Heidegger.  Analizzando  il

          rapporto del Dasein umano col mondo, egli cerca di elaborare una filosofia sociale,
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