Page 334 - Dizionario di Filosofia
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cultura uno sviluppo concettuale legato più a mutamenti espressivi e un’evoluzione

          interna  di  temi  mitico-religiosi,  spesso  di  derivazione  orientale  ed  egiziana  —
          compresenti sin dalle origini nella cultura. Questa prospettiva spiega soprattutto il
          permanere  di  elementi  anche  extra-razionali  o  irrazionali,  nel  progresso  della
          filosofia (funzione del mito, considerazione della follia ecc.).

          Bibliogr.: Si veda la bibliografia generale nella I parte di questo Dizionario.
          Per ciò che riguarda la questione della nascita della filosofia, una panoramica delle
          varie ipotesi avanzate si trova esposta nelle seguenti opere: O. Gigon, Der Ursprung
          der  griechischen  Philosophie,  Basilea  1945;  R.  Mondolfo, Alle  origini  della
          filosofia della cultura, Bologna 1956; E. R. Dodds, I Greci e l’irrazionale, Firenze
          1959; W. Jaeger, La teologia dei primi pensatori greci, Firenze 1963; H. Frankfort
          e  altri, La  filosofia  prima  dei  greci,  Torino  1963;  G.  Colli, La  nascita  della

          filosofia, Milano 1975.
          Filosofia  dello  spirito,  espressione  comprensiva  usata  dal  Croce  per  indicare  la  sua
          sistemazione  filosofica,  in  quanto  volta  a  dimostrare  il  carattere  spirituale  della
          realtà in tutte le sue manifestazioni.  La Filosofia dello spirito si articola nelle tre
          opere  sistematiche  fondamentali: Estetica  come  scienza  dell’espressione  e

          linguistica  generale*,  Logica  come  scienza  del  concetto  puro*,  Filosofia  della
          pratica, economia e etica* e include la Teoria e storia della storiografia.
          FINALE. Con l’espressione causa finale, si indica il fine che agisce come causa, in
          quanto esercita « attrazione » sulle cose che determina ed è da esse « desiderato ».
          Le  implicazioni  antropomorfiche  del  concetto  di causa  finale  sono  innegabili,
          nonostante  le  più  complesse  manipolazioni.  La  distinzione  fra  una  causa  finale
          esterna e una interna (con la quale ultima si allude essenzialmente alla condizione

          dell’organismo, che provvede « dall’interno » a produrre le sue parti) non ha vera
          rilevanza, essendo ovvio che la causa finale esterna, se agisce come fine, diventa
          anch’essa interna.
          FINALISMO. Dottrina degli scienziati e dei filosofi che ammettono la finalità*.

          FINALITÀ.  Presenza  di  un  fine,  di  una  causa  finale  in  un  complesso  di  cose  o  di
          eventi. Il concetto implica la tesi che il mondo sia organizzato in vista di un fine.
          Platone attribuisce la priorità della concezione del fine come causa e principio delle
          cose ad Anassagora, che pose la mente (nûs) come principio della realtà.
          •  Principio  di  finalità.  Nella  filosofia  e  nella  cultura  occidentali,  tuttavia,  il
          convincimento che l’unica spiegazione esauriente delle cose sia quella che si fonda

          sull’individuazione del loro fine è dovuta principalmente all’influenza di Aristotele.
          La concezione finalistica della natura è entrata veramente in crisi solo con l’inizio
          della  scienza  moderna,  per  opera  di  quei  pensatori  che,  elaborando  il  metodo
          scientifico, mostrarono quanto fosse inutile e fuorviante la ricerca delle cause finali
          (Bacone, Cartesio, Galileo), oppure che misero in luce con rigorosa spregiudicatezza
          l’aspetto  immaginoso,  antropomorfico  e  metaforico  implicito  in  ogni  concezione

          della  finalità  naturale  (Spinoza).  Tuttavia  l’idea  della  finalità  ha  continuato  a
          resistere  abbastanza  validamente  sul  fronte  dell’interpretazione  dei  fenomeni
          biologici, oltre che naturalmente su quello della comprensione e della valutazione
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