Page 324 - Dizionario di Filosofia
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contraddizioni. La kantiana Critica della ragione diventa Dottrina della scienza*
(Wissenschaftslehre), e cioè la riflessione volta a indagare il principio da cui ogni
sapere deriva. La dottrina della scienza è dunque una scienza della scienza, con il
compito di portare alla luce il principio che sta a fondamento di ogni sapere
possibile. Questo principio è l’io, o l’autocoscienza. Ciò di cui si dice che « è » non
ha il proprio fondamento in se stesso, ma in una coscienza che ne pensa e ne afferma
l’esistenza obiettiva. Ora questa coscienza che fonda l’essere è una pura attività
originaria, la quale può essere pensata in quanto tale solo come attività intuente se
stessa. Su che altro mai potrebbe infatti esercitarsi, nella sua totalità e unicità, questa
pura attività originaria? La coscienza è dunque il fondamento dell’essere e
l’autocoscienza è il fondamento della coscienza. L’arduo impegno speculativo di
Fichte è ora quello di « dedurre » dal principio originario dell’io come pura attività
la vita teoretica e pratica dell’uomo. Dall’intuizione originaria dell’io, attraverso
una reinterpretazione dinamica della logica classica, si giunge alla formulazione di
tre principi fondamentali: 1. L’io pone se stesso (che è il senso dinamico e «
concreto » dell’astratta identità di A con A); 2. l’io oppone a se stesso il non-io (è la
conseguenza necessaria della nozione dell’io come pura attività, che deve dunque
realizzarsi in qualcosa di diverso da sé, ed è al tempo stesso il significato dinamico
e « concreto » del principio di non contraddizione (A non è non-A); 3. l’io, limitato
dal non-io, diventa io divisibile, di fronte al quale sta il non-io divisibile (questo
vuol dire che dall’opposizione originaria affermata nel secondo principio deriva la
molteplicità dei soggetti empirici e degli oggetti reali).
Questa è la fondazione dell’idealismo fichtiano. Si è « dogmatici » quando si accetta
rassegnatamente una visione del mondo, nella quale l’io risulta condizionato dalle
cose che gli preesistono. Si è « idealisti » quando si ha fede nell’infinita libertà e
potenza dell’io, e le cose perdono quella loro magica capacità di pietrificarci, che le
fa simili al volto di Medusa. L’opzione di fondo è una scelta morale. « Un carattere
fiacco di natura », dice Fichte, « infiacchito e piegato dalle frivolezze, dal lusso
raffinato e dalla schiavitù spirituale, non potrà mai elevarsi all’idealismo ».
La tensione morale e l’interesse prevalente per le implicazioni etiche di tutte le
situazioni spirituali sono gli aspetti tipici della personalità filosofica di Fichte.
Dall’azione del non-io sull’io nasce la rappresentazione, e quindi tutta l’attività
conoscitiva dell’io; nell’azione dell’io sul non-io consiste la vita morale. L’io è
infinito proprio per l’esigenza morale che lo costituisce. Esso si fa tale « superando
» tutti gli oggetti che di volta in volta pone a se stesso come limite. L’attività morale
si identifica dunque in ultima istanza con l’attività pura dell’io e l’idealismo di
Fichte può essere qualificato, da questo punto di vista, come « idealismo etico ».
La dottrina politica di Fichte è esposta in modo organico nell’opera Fondamenti del
diritto naturale secondo i principi della dottrina della scienza (1796). La tesi
fondamentale è che la fonte di ogni diritto è lo Stato. Parlare di un diritto naturale
anteriore alla costituzione dello Stato è un non senso: fra l’altro, il concetto di diritto
implica quello di costrizione, la quale può emanare solo dal potere dello Stato.
Tuttavia questa accentuazione antilluministica del valore dello Stato non implica per