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contraddizioni.  La  kantiana Critica della ragione  diventa Dottrina della scienza*

          (Wissenschaftslehre), e cioè la riflessione volta a indagare il principio da cui ogni
          sapere deriva. La dottrina della scienza è dunque una scienza della scienza, con il
          compito  di  portare  alla  luce  il  principio  che  sta  a  fondamento  di  ogni  sapere
          possibile. Questo principio è l’io, o l’autocoscienza. Ciò di cui si dice che « è » non
          ha il proprio fondamento in se stesso, ma in una coscienza che ne pensa e ne afferma
          l’esistenza  obiettiva.  Ora  questa  coscienza  che  fonda  l’essere  è  una  pura  attività

          originaria, la quale può essere pensata in quanto tale solo come attività intuente se
          stessa. Su che altro mai potrebbe infatti esercitarsi, nella sua totalità e unicità, questa
          pura  attività  originaria?  La  coscienza  è  dunque  il  fondamento  dell’essere  e
          l’autocoscienza  è  il  fondamento  della  coscienza.  L’arduo  impegno  speculativo  di
          Fichte è ora quello di « dedurre » dal principio originario dell’io come pura attività
          la  vita  teoretica  e  pratica  dell’uomo.  Dall’intuizione  originaria  dell’io,  attraverso
          una reinterpretazione dinamica della logica classica, si giunge alla formulazione di

          tre  principi  fondamentali:  1.  L’io  pone  se  stesso  (che  è  il  senso  dinamico  e  «
          concreto » dell’astratta identità di A con A); 2. l’io oppone a se stesso il non-io (è la
          conseguenza necessaria della nozione dell’io come pura attività, che deve dunque
          realizzarsi in qualcosa di diverso da sé, ed è al tempo stesso il significato dinamico
          e « concreto » del principio di non contraddizione (A non è non-A); 3. l’io, limitato
          dal non-io, diventa io divisibile, di fronte al quale sta il non-io divisibile (questo

          vuol dire che dall’opposizione originaria affermata nel secondo principio deriva la
          molteplicità dei soggetti empirici e degli oggetti reali).
          Questa è la fondazione dell’idealismo fichtiano. Si è « dogmatici » quando si accetta
          rassegnatamente una visione del mondo, nella quale l’io risulta condizionato dalle
          cose che gli preesistono. Si è « idealisti » quando si ha fede nell’infinita libertà e
          potenza dell’io, e le cose perdono quella loro magica capacità di pietrificarci, che le
          fa simili al volto di Medusa. L’opzione di fondo è una scelta morale. « Un carattere

          fiacco  di  natura  »,  dice  Fichte,  «  infiacchito  e  piegato  dalle  frivolezze,  dal  lusso
          raffinato e dalla schiavitù spirituale, non potrà mai elevarsi all’idealismo ».
          La  tensione  morale  e  l’interesse  prevalente  per  le  implicazioni  etiche  di  tutte  le
          situazioni  spirituali  sono  gli  aspetti  tipici  della  personalità  filosofica  di  Fichte.
          Dall’azione  del  non-io  sull’io  nasce  la  rappresentazione,  e  quindi  tutta  l’attività

          conoscitiva  dell’io;  nell’azione  dell’io  sul  non-io  consiste  la  vita  morale.  L’io  è
          infinito proprio per l’esigenza morale che lo costituisce. Esso si fa tale « superando
          » tutti gli oggetti che di volta in volta pone a se stesso come limite. L’attività morale
          si  identifica  dunque  in  ultima  istanza  con  l’attività  pura  dell’io  e  l’idealismo  di
          Fichte può essere qualificato, da questo punto di vista, come « idealismo etico ».
          La dottrina politica di Fichte è esposta in modo organico nell’opera Fondamenti del
          diritto  naturale  secondo  i  principi  della  dottrina  della  scienza  (1796).  La  tesi
          fondamentale è che la fonte di ogni diritto è lo Stato. Parlare di un diritto naturale

          anteriore alla costituzione dello Stato è un non senso: fra l’altro, il concetto di diritto
          implica  quello  di  costrizione,  la  quale  può  emanare  solo  dal  potere  dello  Stato.
          Tuttavia questa accentuazione antilluministica del valore dello Stato non implica per
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