Page 321 - Dizionario di Filosofia
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VI  sec.  a.C.).  Sotto  la  probabile  influenza  delle  dottrine  di  Talete,  della  teogonia

          esiodea  e  delle  convinzioni  dei  sacerdoti  egiziani  e  fenici,  compose  un’opera  in
          dieci libri, La caverna dai sette (o cinque) anfratti (Eptámychos o Pentémychos) in
          cui esponeva la sua concezione cosmogonica e che fu ritenuta da taluni il più antico
          scritto greco in prosa. Secondo una tradizione sarebbe stato il maestro di Pitagora.

          FERIO.  Termine  mnemotecnico  della  scolastica,  che  designa  il  quarto  modo  della
          prima figura del sillogismo in cui la premessa maggiore è universale negativa (E), la
          minore particolare affermativa (I), la conclusione particolare negativa (O): « Nessun
          artista è privo di ingegno; qualche uomo è privo di ingegno; quindi qualche uomo non
          è un artista ».
          FERRARI (Giuseppe), filosofo e uomo politico italiano (Milano 1811 - Roma 1876).

          Seguace del  Romagnosi e studioso del  Vico, delle opere del quale curò la prima
          edizione  completa,  dovette  abbandonare  Milano  nel  1838;  passato  in  Francia,
          concluse a Parigi i suoi studi per darsi in un primo tempo all’insegnamento. Insieme
          con il Cattaneo, partecipò ai moti rivoluzionari del 1848 e propugnò tenacemente una
          soluzione del problema politico italiano in senso repubblicano e federalistico. Dopo
          la  realizzazione  dell’Unità,  sedé  in  parlamento  tra  i  banchi  dell’estrema  sinistra

          radicaleggiante.  Nella  sua  opera  più  significativa, Filosofia  della  rivoluzione
          (1851), manifestò apertamente tutta la sua insofferenza illuministica per ogni forma
          di  spiritualismo,  di  stampo  sia  teologico  sia  idealistico.  Contro  i  grandi  sistemi
          metafìsici di Cartesio e di Leibniz, Ferrari si appella al consapevole scetticismo di
          Hume, che solo può permettere di riconquistare l’autenticità del fatto, verificabile
          nell’ambito dell’esperienza, unica possibile matrice di un vero filosofare. In base a
          tale presupposto, alla rivelazione religiosa tradizionale dovrà quindi sostituirsi una «

          rivelazione scientifica » mediante la quale l’uomo potrà agire efficacemente non solo
          sul mondo naturale, ma anche su quello sociale e morale, vivendo così l’epoca della
          «  rivoluzione  »,  destinata  a  stabilire  nel  mondo  la  sovranità  della  scienza  e
          dell’uguaglianza tra gli uomini. Il positivismo schiettamente illuministico del Ferrari
          si anima quindi di una sensibile componente socialistica.

          Altre  opere: La mente di  G.B.  Vico (1835-1837), saggio introduttivo all’edizione
          delle opere del Vico; Saggio sul principio e sui limiti della filosofia della storia,
          pubblicato in francese (1843); Histoire des révolutions d’Italie (1856-1858); Corso
          sugli scrittori politici italiani (1862); ecc.
          Bibliogr.:  Opere,  4  voll.,  Capolago  1854;  altre  edizioni: La  filosofia  della
          rivoluzione, a cura di R. Miceli, Torino 1952; Le più belle pagine di G. Ferrari, a

          cura  di  P.  Schinetti,  Milano  1927.  D.  Loy, Giuseppe  Ferrari,  Torino  1864;  C.
          Cantoni, G. Ferrari, Milano 1878; R. Ochs, La teoria di G. Ferrari, Cremona 1880;
          P.  F.  Nicoli, La  mente  di  G.  Ferrari,  Pavia  1902;  G.  Perticone, La  concezione
          etico-politica di G. Ferrari, « Rivista internazionale di filosofia del diritto », 1922;
          B. Brunello, Il pensiero di G. Ferrari, Milano 1933; F. Della Peruta, Un capitolo di

          storia del socialismo risorgimentale: Proudhon e Ferrari, « Studi storici », 1962;
          S.  Rota-Ghibaudi, G, Ferrari. L’evoluzione del suo pensiero (1838-1860), Firenze
          1969.
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