Page 322 - Dizionario di Filosofia
P. 322

FEYERABEND  (Paul  k.),  filosofo  della  scienza  di  origine  austriaca  (Vienna  1924).
          Dal 1958 è professore a  Berkeley.  Dapprima vicino alle posizioni di  Popper per
          quanto riguarda la critica al riduzionismo empirista, si è distaccato dal razionalismo
          popperiano  per  sostenere  la  necessità  di  un  «  anarchismo  metodologico  ».
          Fortemente  interessalo  al  rapporto  tra  epistemologia  e  storia  della  scienza,  ha
          sottolineato l’importanza delle contraddizioni, della proliferazione di teorie anche

          contrastanti,  secondo  un’impostazione  che  considera  inestricabilmente  connesse
          ragione e antiragione, senso e non senso, progettazione e caso. Ciò lo ha condotto a
          polemizzare con filosofi della scienza quali Th. Kuhn e I. Lakatos, che pure hanno
          contribuito  efficacemente  a  problematizzare  la  questione  della  «  crescita  della
          conoscenza scientifica », criticando le teorie ingenue di derivazione positivista. Tra
          le sue opere: Contro il metodo (1975), La scienza in una società libera (1978).
          FESTINO.  Termine  mnemotecnico  usato  nella  scolastica  medievale  per  indicare  il

          terzo modo del sillogismo della seconda figura, nel quale la premessa maggiore è
          universale  negativa  (E),  la  minore  particolare  affermativa  (I),  la  conclusione
          particolare negativa (O): « Il giusto non è invidioso; qualche sapiente è invidioso;
          dunque, qualche sapiente non è giusto ».

          FEUERBACH  (Ludwig),  filosofo  tedesco  (Landshut,  Baviera,  1804  -  Rechenberg,
          Norimberga,  1872).  Studiò  inizialmente  teologia,  quindi  filosofia  a  Berlino,  dove
          seguì le lezioni di Hegel.
          Ottenuta la laurea, fu libero docente a Erlangen dal 1829 al 1832, ma, in seguito alla
          pubblicazione  dei  suoi  primi  scritti  (Pensieri  sulla  morte  e  sull’immortalità),  fu
          costretto ad abbandonare l’insegnamento; da allora visse poveramente tutto dedito
          agli studi. Nel 1839 diede alle stampe una Critica della filosofia hegeliana, in cui,

          accusando  Hegel  di  astratta  logicità,  pose  le  basi  di  una  filosofia  fondata  su  un
          integrale umanesimo, affermandosi nello stesso tempo come uno dei più autorevoli
          rappresentanti  della  sinistra  hegeliana.  Del  1841  è  la  sua  opera  più  celebre,
          L’essenza del cristianesimo*, che sollevò ardenti polemiche negli ambienti culturali
          per  l’ardita  tesi  ivi  contenuta  sulla  natura  della  religione.  Poté  tornare
          all’insegnamento soltanto per un breve periodo durante gli eventi rivoluzionari del

          1848,  ma,  in  seguito  al  trionfo  della  reazione,  fu  nuovamente  costretto  a  trarsi  in
          disparte.  Nel  frattempo  aveva  pubblicato  altre  opere  importanti  come  la Tesi
          introduttiva  alla  riforma  della  filosofia  (1842)  e  i Principi  della  filosofia
          dell’avvenire (1843); fra il 1851 e il 1857 diede alle stampe le lezioni sull’Essenza
          della  religione  e  sulla Teogonia.  Le  idee  di  Feuerbach  influenzarono  in  modo
          determinante Engels e Marx, che da lui presero le mosse per costruire una filosofia
          capace  di  comprendere  l’uomo  nella  sua  concreta  realtà  storica  e  sociale;  anche

          Lenin,  in Materialismo  e  empiriocriticismo,  mostra  di  averne  apprezzato  il
          pensiero.
          Bibliogr.: Sämtliche Werke, a cura di H. M. Sass, 13 voll., Stoccarda 1960-1964;
          una altra edizione, a cura di W. Schuffenhauer, Gesammelte Werke, Berlino 1967 e

          seg., è in corso di pubblicazione. In italiano: La morte e l’immortalità, a cura di B.
          Galletti, Lanciano 1917; Lezioni sull’essenza della religione, a cura di L. Stefanoni,
   317   318   319   320   321   322   323   324   325   326   327