Page 323 - Dizionario di Filosofia
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Milano 1927; Principi della filosofia dell’avvenire, a cura di N. Bobbio, Torino
1946; L’essenza del cristianesimo, a cura di A. Banfi, Milano 1960; Opere, a cura
di C. Cesa, Bari 1965; Essenza della religione, a cura di C. Ascheri e C. Cesa, Bari
1968. Su F.: Engels, L. Feuerbach e il punto d’approdo della filosofia classica
tedesca (1886), Roma 1950; R. Mondolfo, Feuerbach e Marx (1909), ora in
Umanismo di Marx, Torino 1968; F. Lombardi, Ludovico Feuerbach, Firenze 1935;
W. Schuffenhauer, L. Feuerbachs Entwicklung zum philosophischen Materialisten,
Berlino 1956; C. Cesa, Il giovane Feuerbach, Bari 1963; E. Rambaldi, La critica
antispeculativa di L.A. Feuerbach, Firenze 1966; C. Ascheri, Aspetti
dell’hegelismo del giovane Feuerbach, « Hegel-Studien », 1969; E. Kamenka, The
philosophy of L. Feuerbach, Londra 1971.
FICHTE (Johann Gottlieb), filosofo tedesco (Rammenau, Alta Lusazia, 1762 - Berlino
1814). Nato da umile famiglia, mantenuto agli studi da un nobile, che era rimasto
impressionato dalle sue precoci prove d’ingegno. Sulla sua formazione ebbe grande
influenza la lettura di Lessing che gli ispirò, in particolare, quell’ardente amore per
la libertà, attestato da una celebre fuga dal collegio e da altri episodi. A diciassette
anni andò a Jena come studente di teologia, ma vi seguì con partecipazione sempre
più intensa le lezioni di filosofia. Per uscire dalle gravi strettezze economiche,
cominciò allora l’aborrita carriera di precettore privato e in tale funzione fu prima in
Svizzera, poi in Polonia. Risale a questo periodo la lettura di Kant, per le dottrine
del quale Fichte fu subito preso da acceso entusiasmo. Risparmiata con fatica la
somma necessaria, nel 1792 partì per Königsberg, unicamente per far visita
all’ammirato maestro, dal quale fu peraltro ricevuto piuttosto freddamente. La
pubblicazione anonima dell’opuscolo Critica di ogni rivelazione (1792), che fu in
principio ritenuto opera di Kant, e la successiva indicazione da parte di questo del
nome dell’autore dell’esplosiva operetta, costituirono le clamorose tappe iniziali
della carriera di Fichte scrittore. Nel 1793 sposò a Zurigo Johanna Rahn, nipote di
Klopstock, conosciuta in uno dei precedenti soggiorni in Svizzera. Nonostante la sua
fama di liberale e di democratico, fu chiamato nel 1794 all’università di Jena, ma vi
rimase poco. La polemica sull’ateismo finì infatti con la sconfìtta del filosofo,
giudicato incauto diffusore di dottrine pericolose per il trono e per l’altare.
Allontanatosi da Jena, amareggiato per giunta dai dissapori con i maggiori filosofi
del tempo, a cominciare da Kant, Fichte ottenne provvisoriamente una cattedra a
Berlino nel 1804, da dove passò poi, nel 1805, a Erlangen e quindi, nel 1806, a
Königsberg. Era l’anno della grande umiliazione della Prussia, sconfìtta da
Napoleone a Jena; Fichte dovette fuggire fino a Copenaghen. Tornato a Berlino dopo
la pace, si assunse il compito di dare al popolo tedesco umiliato la consapevolezza
della propria dignità. Nacquero così I discorsi alla nazione tedesca* (1807-1808).
Quando la Prussia riprese la guerra contro Napoleone, Fichte, ormai rettore
dell’università di Berlino, chiese e ottenne di seguire l’esercito in campo. Morì nel
1814, contagiato dalla moglie di una malattia infettiva da lei contratta a sua volta
curando i soldati feriti. Fichte considerò il suo pensiero come uno sviluppo coerente
del kantismo, che nell’opera sua sarebbe uscito liberato dalle intrinseche