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F. Lettera dell’alfabeto che indica, nella logica aristotelico-scolastica, la riduzione
dei modi della seconda, terza e quarta figura del sillogismo al modo Ferio della
prima.
FACOLTÀ. Nella storia della filosofia la distinzione di facoltà o « poteri » dell’anima
risale almeno a Platone e ad Aristotele. Sotto l’influenza cartesiana si consolidò,
fino a divenire un luogo comune, il riconoscimento dell’esistenza di due facoltà,
l’intelletto e la volontà, alle quali fu poi aggiunto, attraverso la filosofia inglese e
Kant, il sentimento. La psicologia associazionistica tradizionale fece propria questa
impalcatura, in genere con la consapevolezza che si trattava di una convenzione di
comodo. Tutte le correnti della psicologia moderna hanno invece lasciato cadere la
vecchia teoria delle facoltà, insistendo sulla compresenza nell’unità dell’atto
psichico di tutti gli aspetti distinguibili solo astrattamente.
FANTASÌA. La facoltà di creare immagini. Il Vico per primo affermò il primato della
fantasia sulla ragione nell’attività creatrice della poesia, assimilando i poeti ai
fanciulli. (Il più sublime lavoro della poesia è alle cose insensate dare senso e
passione, ed è proprietà de’ fanciulli di prender cose inanimate tra le mani e,
trastullandosi, favellarvi come se fussero, quelle, persone vive). Tale concetto, che
non ebbe seguito nelle poetiche settecentesche, mosse prima di tutto da esigenze
razionalistiche, dominò incontrastato in età romantica e postromantica, sorretto dai
sistemi filosofici idealistici. Epigono del Vico nell’aflermazione della fantasia come
« peculiare facoltà artistica » fu il Croce. (V. anche ESTETICA.)
A partire dal XIX sec. il termine di fantasia venne inoltre distinto da quello di
immaginazione, fino ad allora usati indifferentemente, intendendo per la prima una
vera e propria attività creativa, per la seconda un’attività semplicemente
riproduttiva.
• Fantasia catalettica, per gli stoici, la percezione dell’immagine accompagnata dal
riconoscimento dell’oggetto che la produce. (Essa costituisce il criterio
gnoseologico della verità, in quanto obbliga a riconoscere, dietro l’immagine,
l’oggetto reale.)
FAPÈSMO. Termine mnemotecnico usato dalla scolastica medievale per indicare
l’ottavo modo della prima figura del sillogismo, nel quale la premessa maggiore è
universale affermativa (a), la minore universale negativa (e), la conclusione
particolare negativa (o). (La lettera f indica che questo sillogismo è riducibile al
modo diretto della prima figura [ferio]; la lettera m [iniziale di mutare] indica che la
riduzione deve essere fatta mediante trasposizione delle due premesse; la lettera p,
che la minore deve essere convertita per accidente [cioè trasformata da universale
in particolare mediante inversione dei termini]; la lettera s, che nella minore si deve
operare la conversione semplice [sostituzione reciproca del soggetto e del
predicato]. Esempio di sillogismo in fapesmo: « Tutti coloro che sono contenti
amano la vita; nessun infelice è contento; dunque, qualche amante della vita non è
infelice ».)