Page 309 - Dizionario di Filosofia
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mammiferi di organizzazione più elevata sono comparsi più recentemente. La storia
evolutiva di ogni grande gruppo presenta lo stesso andamento, che ricorda lo
sviluppo dell’individuo, la nascita del gruppo è abbastanza ben definita nel tempo; il
gruppo poi aumenta numericamente, si espande e si differenzia; infine si riduce e
scompare, salvo il sopravvivere di alcune specie, che costituiscono i « fossili
viventi ». Il gruppo compare in genere con piccole specie dette generalizzate o
sintetiche (legge di Cope). Dopo la fase di espansione, durante la quale il gruppo
predomina nell’ambiente, esso diventa statico, decade e viene sostituito da un altro
gruppo dominante; questa successione costituisce la legge di ricambio, fenomeno
caratteristico dell’evoluzione. In numerose linee evolutive si osserva che le
successive mutazioni portano verso tipi di organizzazione sempre più specializzati.
Un organo scomparso durante l’evoluzione non ha probabilità di ricomparire nelle
specie successive, ovvero l’evoluzione regressiva è irreversibile (legge di Dollo).
• La teoria dell’evoluzione. Una teoria che interpreti unitariamente i fenomeni
evolutivi deve rendere conto sia dei fenomeni succitati, sia dell’origine delle specie.
Una tale teoria, se pur non esauriente, ha preso veste scientifica nel secolo scorso e
nel presente, attraverso tappe successive, chiamate lamarckismo, darwinismo,
mutazionismo, neodarwinismo e si riassume nella proposizione che l’evoluzione
avviene per selezione naturale delle mutazioni spontanee. (V. anche
EVOLUZIONISMO.)
Bibliogr.: V. anche la voce DARWINISMO. Inoltre: M. Caullery, Le problème de
l’évolution, Parigi 1931; J. Huxley, Evolution, the modern synthesis, Londra 1942
(trad. it.: Roma 1966); G. Colosi, La dottrina della evoluzione e le teorie
evoluzionistiche, Firenze 1945; L. Cuénot, L’évolution biologique: les faits, les
incertitudes, Parigi 1957; T. N. George, Evolution in outline, Londra 1957 (trad. it.:
Milano 1958); Ph. G. Fothergill, Evolution and Christians, Londra 1961.
EVOLUZIONISMO. Concezione della realtà fondata sulla teoria dell’evoluzione. Se si
assume la nozione di evoluzione nel senso generico di « sviluppo », di transizione
della realtà da una forma ad un’altra in qualche modo più elevata, si possono
qualiticare « evoluzionisti » anche filosofi come Aristotele, che vede l’universo
dominato da un dinamismo finalistico, o addirittura come i sapienti dei primordi
della filosofia greca, intenti a indagare come la materia animata si determini nelle
forme particolari della realtà, lungo la linea di un incessante nascere e perire
(ilozoismo). Ma nel corso del XIX sec. la filosofia e la scienza hanno designato col
termine di evoluzione una concezione molto particolare e determinata dello sviluppo,
e solo le dottrine aventi questa radice comune possono essere correttamente fatte
rientrare nell’ambito dell’evoluzionismo propriamente detto. Il filosofo inglese
Herbert Spencer elaborò nel secolo scorso un’interpretazione globale della realtà
fondata sul principio della transizione continua da uno stato incoerente, indefinito ed
omogeneo ad uno successivo, relativamente coerente, definito ed eterogeneo. Tale
passaggio è caratterizzato da una integrazione di materia e da una concomitante
dissipazione di movimento ed è un processo necessario, perché l’omogeneità di
partenza è una condizione precaria, che tende a raggiungere articolandosi un più