Page 307 - Dizionario di Filosofia
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alcune allusioni al sofista presenti in Aristotele.
EVEMERISMO. La dottrina di Evemero, secondo la quale gli dei sono uomini
eccezionali, elevati agli onori divini dall’ammirazione dei contemporanei e dei
posteri. Combattuto dai tradizionalisti e considerato impropriamente come una forma
di ateismo, l’evemerismo, che si colloca nella linea della umanizzazione dei miti
eroici e degli dei c-perata dagli antichi storici greci e dai sofisti, ebbe tuttavia larga
diffusione. Nella cultura latina penetrò attraverso la traduzione della Storia sacra
fatta da Ennio. Più tardi Platone di Biblo, Beroso, Diodoro Siculo e Luciano
applicarono alle divinità orientali lo stesso processo di riduzione all’umano. I padri
della Chiesa, in particolare sant’Agostino, Lattanzio e Arnobio, utilizzarono
l’evemerismo per dimostrare la falsità della religione pagana, le cui origini potevano
così agevolmente essere ricondotte a basi puramente umane. Come interpretazione
generale l’evemerismo continuò ad avere anche più tardi una certa fortuna e parve
trovare conferma nello studio comparato delle religioni. Nel XVII sec. il Bochart
riconosceva in Saturno i tratti di Noè e in Giove, Nettuno e Plutone quelli di Sem,
Cam e Iafet. Ancora nel XIX sec. Spencer accolse, seppure con qualche
temperamento, la tesi centrale dell’evemerismo. Gli studiosi moderni di mitologia
comparata e i filosofi della religione rifiutano in genere l’evemerismo, giudicandolo
semplicistico.
EVEMÈRO, in gr. Euémeros, pensatore greco (Messina o Messene del Peloponneso
340 circa - † 260 a.C. circa). Scrisse una Storia sacra, tradotta in latino da Ennio, di
cui restano pochi frammenti: vi era inserita, nel resoconto di un viaggio immaginario,
la presentazione di una città ideale, Pancaia, situata in un’isola dell’Oceano Indiano
e ordinata secondo un sistema di collettivismo temperato. A questa utopia politica si
accompagnava nell’opera un’interpretazione razionalistica della natura degli dei,
secondo la quale essi erano stati in origine solo uomini potenti, che con le loro
capacità eccezionali si erano conquistati la venerazione dei concittadini. (V.
EVEMERISMO.)
EVIDENZA. L’evidenza è stata considerata da Cartesio come il criterio per la ricerca
della verità: secondo il filosofo francese coincide con le idee chiare e distinte, alle
quali si giunge mediante l’analisi delle idee complesse. La tesi cartesiana è stata
però messa in discussione, nel senso che non sempre ciò che è evidente coincide con
la verità; a una mente sconvolta da uno stato patologico, mossa dalla passione,
limitata da inveterati pregiudizi, può sembrare evidente una proposizione che da un
altro punto di vista può apparire del tutto discutibile. Giustamente, quindi, va distinto
ciò che appare evidente da ciò che lo è effettivamente. In linea di massima, diciamo
che una proposizione è evidente quando non possiamo concepire una proposizione
ad essa contraria e quando il suo contenuto concettuale concorda talmente con le
nostre tendenze, con le nostre convinzioni interiori e con le nostre ipotesi che, senza
sforzo alcuno, possiamo attribuirle un saldo valore oggettivo. L’evidenza scientifica
è quella che ha il maggior grado di obiettività e che possiede le maggiori probabilità
di raggiungere la verità.
EVOLUZIONE. In biologia, l’insieme delle modificazioni graduali degli organismi che