Page 305 - Dizionario di Filosofia
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attraverso una sottigliezza argomentativa che appare spesso quasi una caricatura del

          metodo  socratico;  per  la  pratica  della  controversia  e  del  litigio  verbale  i  suoi
          discepoli  furono  soprannominati eristici*.  Euclide  figura  fra  i  personaggi  del
          Teeteto di Platone.
          EUCLIDE.  matematico  greco  (III  sec.  a.C.).  Della  sua  vita  si  sa  solo  che  insegnò

          matematica ad Alessandria. È noto soprattutto per i suoi Elementi, opera di estrema
          chiarezza e rigore, ancora oggi fondamentale, che ha avuto una enorme importanza e
          influenza  soprattutto  per  il  metodo  adottato.  Essa  è  impostata  sull’assunzione  di
          alcune nozioni comuni, accettate come postulati, dai quali vengono dedotti diversi
          teoremi.  Comprende  tredici  libri  ai  quali  se  ne  aggiunsero  altri  due  attribuiti  a
          Ipsicle, matematico d’Alessandria probabilmente del II sec. a.C. Ad Euclide si deve
          pure una raccolta di scritti di natura analitica di cui solo una, i Dati, è giunta a noi.

          Altre opere andate perdute sono I luoghi superficiali dei quali poco si conosce e i
          Porismi, ampiamente citati da Pappo e Proclo, che contengono in germe le nozioni
          fondamentali  della  geometria  proiettiva.  Pure  a  Euclide  è  attribuita  la Ottica, che
          contiene le proposizioni fondamentali dell’ottica geometrica.

          Bibliogr.: Le opere di E. sono state pubblicate a cura di J. L. Heiberg e H. Menge, 8
          voll., Lipsia 1883-1916; in italiano: Elementi, a cura di L. Maccioni e A. Frajese,
          Torino 1970.
          EUDÈMO di  Rodi,  in  gr. Éudēmos,  filosofo  greco,  discepolo  di Aristotele.  I  suoi
          meriti maggiori furono quelli di storico delle scienze (Storia della geometria. Storia

          dell’aritmetica, Storia dell’astronomia). Al suo nome è legata l’Etica Eudemea* di
          Aristotele.
          EUDEMONISMO (dal gr. eudaimonía, felicità). Dottrina che concepisce la vita morale
          come rivolta al perseguimento della felicità. Numerose dottrine etiche muovono dal
          presupposto che la ricerca della felicità sia una tendenza connaturata nell’uomo: le

          divergenze  sorgono  poi,  nella  determinazione  del  concetto  di  felicità.  Per
          l’edonismo*  la  felicità  si  identifica  con  il  piacere  immediato;  per  Socrate  e  per
          Aristotele con la virtù, intesa in primo luogo come dominio razionale degli impulsi;
          per  l’epicureismo  con  il  piacere  stabile  o  negativo,  che  equivale  ad  assenza  di
          turbamento e di dolore. Anche l’etica stoica, che propone la riduzione dei bisogni e
          la lotta contro le passioni, può essere qualificata come eudemonistica, nonostante le
          implicazioni ascetiche, giacché nelle autolimitazioni e nel virile agonismo è pur fatta

          consistere la « vera » felicità.
          Nel pensiero moderno, in particolare a partire da Hume, la nozione di felicità viene
          acquistando una dimensione sociale, nel senso che al posto dell’autosufficienza del
          saggio  subentra  l’esigenza  altruistica  dell’appagamento  dei  bisogni  del  maggior
          numero  di  uomini.  L’ideale  etico  dell’umanitarismo  illuministico  è  tipicamente
          espresso nella formula della « massima felicità possibile per il maggior numero di

          persone » (Beccaria). Su questa linea si è sviluppato l’eudemonismo anglosassone,
          dalla costituzione americana, al Bentham, a Bertrand Russell, che ha insistito sulla
          necessaria  infelicità  degli  egocentrici.  In  una  direzione  opposta  Kant,  mentre
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