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attraverso una sottigliezza argomentativa che appare spesso quasi una caricatura del
metodo socratico; per la pratica della controversia e del litigio verbale i suoi
discepoli furono soprannominati eristici*. Euclide figura fra i personaggi del
Teeteto di Platone.
EUCLIDE. matematico greco (III sec. a.C.). Della sua vita si sa solo che insegnò
matematica ad Alessandria. È noto soprattutto per i suoi Elementi, opera di estrema
chiarezza e rigore, ancora oggi fondamentale, che ha avuto una enorme importanza e
influenza soprattutto per il metodo adottato. Essa è impostata sull’assunzione di
alcune nozioni comuni, accettate come postulati, dai quali vengono dedotti diversi
teoremi. Comprende tredici libri ai quali se ne aggiunsero altri due attribuiti a
Ipsicle, matematico d’Alessandria probabilmente del II sec. a.C. Ad Euclide si deve
pure una raccolta di scritti di natura analitica di cui solo una, i Dati, è giunta a noi.
Altre opere andate perdute sono I luoghi superficiali dei quali poco si conosce e i
Porismi, ampiamente citati da Pappo e Proclo, che contengono in germe le nozioni
fondamentali della geometria proiettiva. Pure a Euclide è attribuita la Ottica, che
contiene le proposizioni fondamentali dell’ottica geometrica.
Bibliogr.: Le opere di E. sono state pubblicate a cura di J. L. Heiberg e H. Menge, 8
voll., Lipsia 1883-1916; in italiano: Elementi, a cura di L. Maccioni e A. Frajese,
Torino 1970.
EUDÈMO di Rodi, in gr. Éudēmos, filosofo greco, discepolo di Aristotele. I suoi
meriti maggiori furono quelli di storico delle scienze (Storia della geometria. Storia
dell’aritmetica, Storia dell’astronomia). Al suo nome è legata l’Etica Eudemea* di
Aristotele.
EUDEMONISMO (dal gr. eudaimonía, felicità). Dottrina che concepisce la vita morale
come rivolta al perseguimento della felicità. Numerose dottrine etiche muovono dal
presupposto che la ricerca della felicità sia una tendenza connaturata nell’uomo: le
divergenze sorgono poi, nella determinazione del concetto di felicità. Per
l’edonismo* la felicità si identifica con il piacere immediato; per Socrate e per
Aristotele con la virtù, intesa in primo luogo come dominio razionale degli impulsi;
per l’epicureismo con il piacere stabile o negativo, che equivale ad assenza di
turbamento e di dolore. Anche l’etica stoica, che propone la riduzione dei bisogni e
la lotta contro le passioni, può essere qualificata come eudemonistica, nonostante le
implicazioni ascetiche, giacché nelle autolimitazioni e nel virile agonismo è pur fatta
consistere la « vera » felicità.
Nel pensiero moderno, in particolare a partire da Hume, la nozione di felicità viene
acquistando una dimensione sociale, nel senso che al posto dell’autosufficienza del
saggio subentra l’esigenza altruistica dell’appagamento dei bisogni del maggior
numero di uomini. L’ideale etico dell’umanitarismo illuministico è tipicamente
espresso nella formula della « massima felicità possibile per il maggior numero di
persone » (Beccaria). Su questa linea si è sviluppato l’eudemonismo anglosassone,
dalla costituzione americana, al Bentham, a Bertrand Russell, che ha insistito sulla
necessaria infelicità degli egocentrici. In una direzione opposta Kant, mentre