Page 300 - Dizionario di Filosofia
P. 300
bergsonismo, al convenzionalismo matematico, allo strumentalismo, ecc.
ESSOTÈRICO (gr. exōterikós, esterno, da éxō, fuori). Si dice di insegnamenti
filosofici o religiosi destinati a essere diffusi al di fuori della cerchia ristretta degli
allievi o degli iniziati, per contrapposizione a ESOTERICO*.
ÈSTASI (gr. éxstasis, distrazione della mente). Stato psichico transitorio durante il
quale il soggetto, sospesa ogni comunicazione con l’ambiente circostante, si sente
trasportato in un mondo esclusivo, nel quale egli prova un assoluto benessere.
• Stato mistico privilegiato in cui si realizza la massima esperienza intuitiva ed
affettiva del soggetto che cerca il rapporto con l’assoluto.
ESTENSIONE. Nella logica, l’insieme, numericamente più o meno grande, di individui
o di specie ai quali può essere riferito un dato attributo. In base ad alcuni dati
comuni, il pensiero raggruppa spontaneamente le cose e gli individui in classi e
tende quindi a costituirne di sempre più estese, riducendo via via i caratteri
essenziali presi in considerazione. In tal modo, quanto più larga è l’estensione tanto
minore è la comprensione*, cioè l’insieme delle note caratteristiche particolari
dell’individuo. Il concetto di « greco » è, evidentemente, più esteso di quello di «
ateniese », proprio perché il secondo comprende un maggior numero di note
particolari; i concetti che comprendono un solo individuo, quindi, non hanno
praticamente estensione, ma sono ricchissimi di note individuali e cioè di
comprensione.
ESTENSIVO. Nella logica, si dice di una grandezza « nella quale la rappresentazione
delle parti rende possibile la rappresentazione del tutto » (Kant). [In questo senso il
concetto di estensivo si contrappone a quello di intensivo*.]
ESTÈTICA (gr. aisthētikós, che concerne la percezione, da aisthánesthai, sentire).
L’indagine filosofica avente per oggetto il bello e l’arte.
Il significato corrente di « scienza del bello e dell’arte » è stato attribuito al termine
estetica dal filosofo leibniziano tedesco Baumgarten nell’opera intitolata appunto
Aesthetica. Tuttavia Kant usa ancora la parola sia nel senso più tradizionale e
generico di dottrina della percezione (come nella Critica della ragion pura), sia nel
senso implicante ormai un riferimento preciso al bello e all’arte (come nella Critica
del giudizio). L’identificazione del bello e dell’arte, implicata nella definizione
sopra data, è un risultato dell’estetica romantica. Nell’antichità classica il bello era
distinto dall’arte, essendo il primo considerato come un fatto della natura, del tutto
indipendente dalla operosità dell’uomo, mentre la seconda, come momento
dell’attività produttiva dell’uomo, era ritenuta oggetto della scienza poetica (gr.
poiêin, fare, produrre). La tendenza all’unificazione del bello e dell’arte ha inizio
nel Settecento attraverso l’affermarsi del concetto di « gusto », inteso come capacità
di distinguere il bello sia nella natura sia nell’arte. L’introduzione della nozione di
gusto è stata peraltro molto di più di una semplice innovazione terminologica. Infatti,
l’affermazione che il bello è percepito e valutato da una sorta di funzione
prerazionale, se non proprio irrazionale, ha segnato il tramonto, almeno fino all’età
contemporanea, delle estetiche intellettualistiche, cioè dei tentativi di costituire