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Esistenzialismo e fenomenologia, Milano 1963; N. Abbagnano, Introduzione
all’esistenzialismo, Torino 1956.
Sull’esistenzialismo e la sua problematica attuale si veda il saggio di E. Paci
nella I parte di questo Dizionario.
ESOTÈRICO (gr. esōterikós, interiore, da ésō, dentro). Termine usato soprattutto in
riferimento alle scuole filosofiche dell’antica Grecia, in contrapposizione a
essoterico*. Nella scuola pitagorica erano esoterici gli scolari che facevano parte
integrante della scuola stessa e che godevano della piena fiducia e amicizia dei
maestri, mentre essoterici erano semplicemente gli ascoltatori occasionali o, come
diremmo noi oggi, gli auditori. I due termini si usano anche per caratterizzare le
opere di Platone e di Aristotele: quelle essoteriche trattavano di argomenti più
semplici e piani ed erano dirette anche a coloro che non facevano parte delle due
scuole, come i Dialoghi di Platone; le altre opere, dette esoteriche o acroamatiche,
erano più strettamente tecniche e si rivolgevano a una cerchia più ristretta. Gli
studiosi ritengono che questa distinzione non si riferisca né alle questioni trattate, né
alle soluzioni raggiunte, ma solo alla forma e ai procedimenti espositivi.
ESPERIENZA. Il complesso delle informazioni derivate immediatamente dalla realtà
attraverso i sensi e dotate perciò, salvo il caso di percezioni illusorie, del più alto
grado di attendibilità. Il termine è ricco di significati diversi e indica sia la concreta
esperienza intesa come sperimentazione scientifica, sia l’esperienza comune dei
sensi, sia l’esperienza psicologica, che può essere estetica, sentimentale, teoretica,
religiosa e filosofica, sia la somma delle acquisizioni realizzate da un individuo o da
un gruppo attraverso il tempo.
Il problema del valore, dell’estensione e del significato dell’esperienza è stato
sempre uno dei più dibattuti in campo filosofico, specialmente da quando
nell’antichità i filosofi cominciarono a mettere in discussione il valore
dell’esperienza sensibile, che spesso sembrava contrastare con il rigore del
pensiero; in Parmenide e in Platone ne è già presente la svalutazione. Nonostante lo
sforzo compiuto da Aristotele per rendere valore all’esperienza sensibile,
nell’antichità e nel medioevo essa venne considerata del tutto secondaria rispetto
all’esperienza religiosa interiore.
In epoca moderna Bacone e Galileo riaffermarono energicamente l’importanza
dell’esperienza sensibile, senza la quale nulla è possibile costruire (Nihil est in
intellectu quod prius non fuerit in sensu); questa rivalutazione dell’esperienza è
rimasta caratteristica di tutto l’empirismo, anche se in seguito il concetto di
esperienza è stato usato in senso più lato, come nel caso degli empiristi inglesi che
con lo stesso termine hanno voluto alludere a ogni possibile contenuto di coscienza.
I l razionalismo moderno, al contrario, ha sempre mirato a collocare in secondo
piano l’esperienza sensibile, anteponendole le strutture più intime del pensiero come
le idee innate, che appunto permettono al soggetto pensante di realizzare
un’esperienza vera e propria; tale è la posizione di Leibniz (Nihil est in intellectu