Page 298 - Dizionario di Filosofia
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realmente e oggettivamente e non è riducibile a un semplice prodotto della nostra
rappresentazione.
2. Per i filosofi idealisti, al contrario, l’essere altro non è che l’idea che noi ce ne
siamo fatti col nostro pensiero; non esiste infatti realtà alcuna che sia indipendente
dal pensiero e se nessuno pensasse l’essere, esso si ridurrebbe al nulla. « L’essere è
nella misura in cui è pensato. »
Tali sono le due fondamentali e contrastanti posizioni riguardo al problema. Il
realista per es., dirà: « Quella casa esiste poiché è là che io sono nato, è là che la
ritrovo ogni volta che torno, e anche se io morissi, essa continuerebbe ad esistere ».
L’idealista, invece, dirà: « Quella casa e il suo passate e i miei ritorni forse non
sono che un sogno perché anche quando io sogno vedo case, uomini, ecc. Chi potrà
dimostrarmi che in questo momento io non sto sognando e che tutta quanta la mia vita
non sia che un lungo sogno? Io non posso uscire da questo cerchio: tutto quello che
vedo ed esperimento, lo vedo attraverso la visione che mi rappresento. Forse io sono
il solo esistente (solipsismo) e forse anch’io non esisto che come pensiero; tutto ciò
che io so con certezza è che sono una realtà pensante (è questa l’ipotesi avanzata da
Cartesio quando teorizzò il suo “idealismo provvisorio” e il suo “dubbio metodico”)
».
Il realismo è la posizione più comune e spontanea: il bambino, ad es., è
istintivamente realista e non dubita affatto dell’esistenza oggettiva del mondo. Ma è
anche certo che l’idealismo ha una qualche legittima origine in certe esperienze che
in qualche modo hanno scosso la fiducia realistica e istintiva dell’uomo (errori dei
sensi, allucinazioni, sogni); nelle credenze religiose (fiducia nelle illusioni, nel
nirvana, nelle fantastiche trasformazioni delle divinità ecc.) o metafisiche (fiducia
nell’esistenza dell’anima, di un aldilà immateriale e nella pres a di forze o entità
occulte e inconoscibili.
Inoltre i « dubbi » avanzati fin dall’antichità dai sofisti e dagli scettici sul valore
reale delle nostre conoscenze e dei nostri giudizi conoscitivi, hanno potentemente
contribuito a far germogliare il seme dell’idealismo. Bisogna anche prendere atto
della tendenza dell’attività concettuale a uscire dal mondo dell’esperienza sensibile
e a costruire un mondo « interiore » che « duplica » e a volte sostituisce il mondo
sensibile. A queste radici psicologiche, logiche e filosofiche, secondo alcuni
pensatori si possono aggiungere le numerose cause storiche che hanno aiutato e
favorito l’idealismo, che spesso si è trovato d’accordo con le religioni e con i poteri
costituiti, mentre il realismo, almeno nella sua forma materialistica, era considerato
come una dottrina eretica, sovversiva e rivoluzionaria, perché poneva i suoi fini
nella realtà storica e naturale e negava ogni possibilità di una vita extrastorica ed
extranaturale.
Le due posizioni fondamentali, realismo e idealismo, nel corso della storia della
filosofia si sono esse stesse suddivise e articolate. Il realismo si è distinto nel
realismo materialistico (che si fonda sulla convinzione che l’essere sia soltanto
materia), nel realismo spiritualistico (che ritiene che l’essere sia unicamente
spirito) e nel realismo dualistico (che si basa sulla convinzione che l’essere sia