Page 301 - Dizionario di Filosofia
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razionalmente  il  canone  della  bellezza  e  della  perfezione  artistica.  Tuttavia  tale

          risultato,  che  ha  così  profondamente  influenzato  l’estetica  romantica,  non  ha
          costituito  una  conquista  definitiva,  se  si  considera  la  forza  di  suggestione  delle
          estetiche intellettualistiche contemporanee, dalla concezione dell’arte-architettura di
          Paul  Valéry,  al  recupero  dell’estetica  cinquecentesca  operato  da  Galvano  Della
          Volpe, alle varie teorizzazioni nate sul terreno della cosiddetta « arte astratta ».
          •  Storia  delle  dottrine.  Una  storia  dell’estetica  dovrebbe  prendere  le  mosse  da

          Platone, del quale è nota la distinzione fra l’arte e il bello. Il bello di natura, come
          presenza visibile dell’idea, è un valido punto d’appoggio per l’anima desiderosa di
          tornare al mondo dei valori eterni, che le è proprio. L’arte invece, come imitazione
          della natura, che è a sua volta imitazione dell’idea, è un’esperienza che allontana
          l’uomo dal mondo ideale e come tale è bandita dalla Repubblica. Aristotele riprende
          il  concetto  dell’arte  come  imitazione  (gr. mímēsis)  della  natura,  ma  attribuendo
          all’imitazione una funzione idealizzante e purificatrice (lo spettacolo tragico in teatro

          opera  una catarsi,  o  purificazione  dalle  passioni  nell’animo  dello  spettatore),
          assegna all’arte una funzione educatrice positiva. Poiché d’altra parte nell’opera di
          Aristotele dedicata al tema dell’arte (La poetica, di cui è sopravvissuto un ampio
          frammento)  erano  contenute  formule  e  osservazioni  che  potevano  anche  essere
          interpretate in senso normativo (per es. gli accenni alle famose « unità »), l’estetica
          classicistica assunse più tardi, sulla falsariga di Aristotele ma anche sotto l’influenza

          delle  preoccupazioni  religiose,  alcuni  caratteri  tipici,  che  possono  essere  così
          riassunti; 1. il concetto dell’arte come imitazione della natura; 2. il concetto dell’arte
          come costruzione intellettuale operata in base a regole ben definite; 3. il concetto
          dell’arte  come  portatrice  di  verità  razionali  rivestite  di  forme  atte  a  renderle
          gradevoli. La più radicale revisione di queste posizioni fu compiuta da Giambattista
          Vico,  nella  linea  di  quel  ripensamento  settecentesco  del  problema  dell’arte,  del
          quale si è fatto cenno a proposito dell’introduzione del concetto di gusto. Per il Vico

          l’arte è prodotto della fantasia, la poesia è il naturale linguaggio dell’umanità nella
          fase « eroica », i grandi poeti sono « sublimi fanciulli », nella poesia non è contenuta
          una « sapienza riposta », cioè una « metafisica ragionata », ma se mai una metafisica
          «  sentita  e  immaginata  ».  Kant,  nella Critica  del  giudizio,  colloca  l’esperienza
          estetica nella sfera del sentimento, rivelatore della finalità. Si tratta peraltro di un

          sentimento  tutto  particolare,  indipendente  dai  sensi,  senza  interesse,  universale  e
          necessario. II  motivo  della  creatività  e  dell’originalità  (in  opposizione  all’antica
          imitazione) e quello del valore conoscitivo dell’arte dominano l’estetica romantica.
          Per Schelling l’arte è addirittura la prosecuzione dell’attività creatrice di Dio e al
          tempo  stesso  l’organo  privilegiato  della  conoscenza  metafìsica.  Il  produttore  di
          opere d’arte diventa così più che un uomo e acquista i tratti titanici di quello che i
          romantici  chiamano  il Genio.  Anche  per  Hegel  l’arte  è  creazione  e  conoscenza,
          sebbene solo come primo momento di quella autocoscienza dello Spirito Assoluto

          che trova la sua autentica e totale realizzazione nella filosofìa.  Schopenhauer, nel
          Mondo come volontà e rappresentazione, riprende con accenti originali il motivo
          platonizzante dell’arte rivelatrice dell’ideale presente nel reale. Benedetto Croce ha
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