Page 303 - Dizionario di Filosofia
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aether and electricity, 2 voll., Londra 1951-1953.

          ETERNITÀ, Fin dal pensiero greco il concetto è stato inteso in due sensi fondamentali,
          e cioè come infinita durata nel tempo e come presente immutabile.
          Dell’Essere, Parmenide dice che « non era, né sarà, ma è nel presente tutto insieme
          ». Lo stesso tipo di eternità Platone attribuisce alle idee, mentre Aristotele distingue

          anche sotto questo profilo il mondo, che è eterno in quanto il movimento perdura per
          l’indeterminata  distesa  del  tempo,  e  i  motori  celesti,  i  quali  invece  sono  eterni
          perché privi di moto e quindi posti fuori del tempo. La distinzione si ritrova in san
          Tommaso, il quale precisa che l’eternità in senso proprio appartiene solo a Dio e si
          identifica con l’intemporalità (assenza di principio, di movimento e di fine), mentre
          la  durata  indefinita  è  qualcosa  che  sta  in  mezzo  fra  l’eternità  vera  e  propria  e  il
          tempo finito. In conformità a tale impostazione, per la dottrina cattolica le creature
          non sono propriamente eterne, ma possono « partecipare » dell’eternità, se dotate in

          qualche  modo  di  perennità  di  esistenza.  L’eternità  di  Dio  è  anche  caratterizzata
          sinteticamente  come aeternitas  a  parte  ante  (formula  che  sottolinea  l’assenza  di
          cominciamento nel tempo), mentre per il mondo nel suo complesso (la cui fine non
          sarà un annientamento, ma una trasformazione) e per le creature spirituali si parla per
          converso  di  una aeternitas  a  parte  post  (assenza  del  fine).  Nella  storia  della

          filosofia moderna gli empiristi (per es. Locke) hanno in generale ridotto la nozione
          di  eternità  a  quella  di  durata  infinita,  derivata  per  estensione  dalla  concreta
          esperienza della temporalità, mentre il razionalismo metafisico e l’idealismo hanno
          insistito  sul  carattere  primario  dell’eternità  come  intemporalità.  Ha  una  rilevanza
          classica la critica di Kant all’idea di durata infinita, mentre anche il concetto di «
          eterno presente » sembra interpretabile, dal punto di vista della filosofia moderna,
          più legata al pensiero scientifico, come travestimento o metafora della temporalità.

          ETEROGÈNESI dei fini. Espressione usata dal Wundt per designare il principio, già
          espresso dal Vico, secondo cui le azioni umane perseguono fini diversi da quelli che
          la volontà si propone.

          ETERONOMÌA  (gr. héteros,  altro,  e nómos,  legge).  Tratto  caratteristico  di  quella
          morale che riceve dall’esterno, e non dalla volontà dello stesso soggetto agente, le
          leggi del proprio agire. (Il termine è usato da Kant in poi, in contrapposizione ad
          AUTONOMIA.)
          ETHOS  (gr. êthos).  Termine  che  indica  la  attività  morale  nelle  sue  manifestazioni
          nella vita pratica, nelle arti, ecc., che costituiscono la materia dell’etica.

          ÈTICA  (dal  gr. ēthiká,  da êthos,  costume).  La  filosofia  della  pratica,  ovvero
          l’indagine  e  la  riflessione  sul  comportamento  operativo  dell’uomo.  (Il  termine,
          introdotto  nel  linguaggio  filosofico  da  Aristotele,  è  usato  in  genere  come  sin.  di
          MORALE.)

          ETICO.  In  Aristotele,  detto  delle  virtù  che  si  esprimono  nella  vita  pratica
          (temperanza, giustizia, coraggio, ecc.), in contrapposizione con quelle dianoetiche, o
          intellettuali.
          EUBÙLIDE,  in  gr. Eubulídēs,  filosofo  greco  della  scuola  megarica,  nato
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