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EÓNE  (gr. aiôn -ônos). Termine spiegato da Aristotele come « essere da sempre »

          (aèi êinai),  usato  dai  neoplatonici  e  dagli  gnostici  per  designare  gli  esseri  eterni
          creati  direttamente  da  Dio  e  svolgenti  la  funzione  di  intermediari  tra  questo  e  il
          mondo  sensibile.  Per  gli  gnostici  gli eoni  sono  emanazioni  della  divinità  e
          partecipano della sua natura: essi stessi sono capaci di generarne altri sempre più
          lontani dalla perfezione. A conclusione della vicenda del creato, queste emanazioni
          che hanno presieduto alla comparsa dei vari momenti dell’universo si rifonderanno

          di nuovo nel principio supremo, il  Pleroma.  Le varie correnti gnostiche non sono
          d’accordo sul numero e sulla esatta natura degli eoni; alcune sostengono che gli eoni
          maschi  e  femmine  sono  associati  in  coppie  dette sizigie.  (Gesù  Cristo,  per  certi
          gnostici, sarebbe un eone.)
          EPAGÒGE (gr. epagōge, da epí, sopra, verso e ágein, condurre). Termine della logica
          aristotelica tradotto letteralmente da Cicerone con inductio. (V. INDUZIONE.)

          EPAGÒGICO. In logica, si dice del ragionamento per induzione. (Contr. PARAGOGICO.)
          In  Aristotele  il ragionamento  epagogico  è  un  sillogismo  nella  cui  premessa
          maggiore  ven,  gono  enumerate  tutte  le  specie  di  un  genere.  Per  es.:  «  L’uomo,  il
          cavallo, il mulo vivono a lungo; ora, l’uomo, il cavallo, il mulo sono animali senza

          fiele; dunque gli animali senza fiele vivono a lungo ». Questo tipo di ragionamento è
          rigoroso solo a patto che l’enumerazione sia completa.
          EPICHERÈMA (gr. epichéirēma). Nella logica di Aristotele, tipo di sillogismo in cui
          una delle premesse (o entrambe) è accompagnata dalla prova. (È detto perciò anche
          SILLOGISMO CATAFRATTO [« bene armato »].)

          EPICUREISMO.  Dopo  la  morte  di  Epicuro,  la  dottrina  epicurea  non  subì  alcuna
          modifica sostanziale e continuò a essere insegnata nel giardino del filosofo, per cui
          gli epicurei vennero soprannominati « quelli del Giardino ». Il primo continuatore di
          Epicuro nella guida della scuola fu Ermarco, al quale il maestro aveva lasciato la
          propria  casa,  che  i  discepoli  dovevano  abitare  tutti  insieme.  Altri  illustri
          rappresentanti  dell’epicureismo  furono  Metrodoro  di  Lampsaco,  Filodemo  di

          Gadara, Diogene di Enoanda e, tra le donne, Temistia e Leontina. Centri di dottrina
          epicurea  furono  creati  a  Lampsaco,  a  Mitilene,  in  Egitto  e,  nel II  sec.  a.C.,  ad
          Antiochia  e  a  Roma.  Qui  Tito  Lucrezio  Caro  diede  suggestiva  forma  poetica  alle
          dottrine  del  maestro  nel  poema De  rerum  natura*.  Agli  inizi  dell’era  cristiana,
          esistevano  ancora  numerose  comunità  di  epicurei,  poi  lentamente  la  dottrina  si
          ridusse a patrimonio isolato di pochi studiosi.
          Caduto in oblio per tutto il medioevo, l’epicureismo ritrovò nel Rinascimento il suo

          clima naturale, a partire da Lorenzo Valla. Nel XVII sec. ebbe un convinto sostenitore
          in  Gassendi,  che,  criticando  la  filosofia  di  Cartesio,  elaborò  una  concezione
          sensistica basata su una fisica atomistica simile a quella di Epicuro e su una dottrina
          etica ispirata alla morale epicurea. Attraverso Gassendi l’epicureismo influenzò il
          materialismo moderno; a questo proposito si può ricordare che Marx elaborò la sua

          tesi di dottorato sul pensiero di Epicuro e di Democrito.
          EPICURO,  in  gr. Epíkuros, filosofo greco (Samo, secondo una tradizione, o Atene
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