Page 256 - Dizionario di Filosofia
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chiedere  ad  altri  l’esecuzione  di  un  comportamento  dovuto.  Si  suol  designare  la

          prima ipotesi con la formula diritto oggettivo, la seconda come diritto soggettivo,
          derivando la distinzione da fonti romane che distinguevano fra la norma agendi e la
          facultas agendi. Il termine diritto, inoltre, significa qualche altra cosa: il complesso
          delle dottrine, delle statuizioni giurisprudenziali, delle opinioni, che gli uomini in
          genere  o  gli  studiosi  in  specie  si  formano  intorno  al  vivere  in  società e  alle  sue
          precipue caratteristiche. La norma, posta dal legislatore, deve essere interpretata dal

          giudice;  deve  essere  cioè  inserita  in  un  sistema  logico  che  spetta  alla  dottrina
          giuridica formulare. A sua volta l’interpretazione data dagli organi giurisdizionali di
          un determinato testo di legge, qualora sia costante, tende a divenire stabile, a imporsi
          all’osservanza degli altri organi giurisdizionali; rientra quindi pur essa, in senso lato,
          nell’ambito degli imperativi di condotta che la società pone agli uomini. L’opinione
          diffusa, infine, quando induca gli uomini a comportarsi sistematicamente in un modo
          anziché in un altro, contribuisce al formarsi della consuetudine, anch’essa elemento

          determinante  del  diritto,  pur  se  al  diritto  suole  essere  contrapposta  per  i  suoi
          caratteri di spontaneità, mancanza di coazione, e mancanza di forma scritta.
          L’insieme delle regole promananti dallo Stato, che guidano il comportamento degli
          uomini  entro  una  società,  costituisce  il diritto positivo.  Esso  è  sorto  però  molto
          prima  dell’odierna  nozione  di  Stato.  La  coazione,  senza  la  quale  è  dubbio  se  la
          regola  possa  considerarsi  giuridica,  può  derivare  dall’azione  di  una  collettività

          (famiglia, tribù), o di un singolo più forte (marito nei riguardi della moglie, padre
          nei riguardi dei figli). Anche le prescrizioni religiose, che agiscono sulla volontà
          degli uomini con la minaccia di un male non immediatamente futuro, quale la collera
          della  divinità,  le  sanzioni  in  un’altra  vita,  ecc.,  devono  considerarsi  norme
          giuridiche.  Il  diritto  positivo  deriva  in  larga  misura  proprio  da  norme  religiose,
          dall’antica concezione sacrale del diritto quale emanazione della volontà divina, o
          attuazione della medesima; in quasi tutte le società primitive attività sacerdotale e

          attività  giurisdizionale  coincidono  nelle  stesse  persone  cui  incombe  l’onere  di
          realizzare  i  voleri  di  un  mitico  dio  fondatore  del  gruppo  etnico,  o  di  evitare  che
          l’azione  errata  del  singolo  possa  provocare  l’ira  di  dei  o  forze  naturali,  e
          compromettere così le sorti dell’intero gruppo sociale.
          Il  diritto  positivo  è  in  perpetua  evoluzione  e  ciò  ha  dato  luogo  storicamente  alla

          tendenza alla riflessione e alla valutazione di esso (filosofia del diritto).
          Proprio  constatando  le  profonde  differenze  fra  i  diversi  regimi  giuridici  che  si
          presentavano ai loro occhi, i sofisti avevano concluso che non c’è nessun principio
          superiore che vincoli il legislatore, il diritto non essendo altro che la traduzione in
          norma  di  un  rapporto  di  forza.  Su  posizioni  opposte  furono  Socrate,  Platone,
          Aristotele,  per  i  quali  il  diritto  era  la  forma  coattiva  della  moralità,  le  norme
          giuridiche uno dei mezzi per rendere oggettivamente imperanti le norme morali. Gli
          stoici,  Cicerone,  sant’Agostino,  san  Tommaso,  e,  in  epoche  più  recenti,  Grozio  e

          Pufendorf  ritennero  che  il  diritto  è  al  di  sopra  della  legge  dello  Stato,  sia  che  al
          diritto  ponessero  per  base  una  volontà  divina  sia  che,  come  Grozio,  tendessero  a
          formare  un  sistema  di diritto  naturale  valido  anche  per  l’ipotesi  che  Dio  non
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