Page 251 - Dizionario di Filosofia
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essere infinitamente reale contiene in sé solo l’idea dell’esistenza e non l’esistenza
vera e propria fuori dal pensiero; l’esistenza non è una « perfezione », un semplice «
attributo » del quale si possa arricchire l’essenza del soggetto; in altre parole non si
può, muovendo dall’essenza, dedurre resistenza; affermare che « Dio è perfetto e che
se gli mancasse l’esistenza non sarebbe più tale, per cui egli esiste » in questa
prospettiva sarebbe un sofisma. La prova ontologica, sottile e ben congegnata, è di
un’evidenza illuminante per un credente, ma agli occhi di un non credente non prova
nulla e non convince.
b) La prova fondata sull’idea di perfezione è di Cartesio; essa afferma: « Io ho nel
mio spirito l’idea di un essere infinito e perfetto; quest’idea non può essere nata da
me che sono imperfetto, né da alcuna esperienza sensibile; tale idea non può che
provenire da un essere perfetto, perché tutto ciò che è in un effetto deve anche essere
nella sua causa ».
Leibniz integra questa dimostrazione affermando che l’essere perfetto è possibile.
Anche questa prova, molto vicina alla precedente, è contestata dai filosofi non
spiritualisti che ritengono inesatto affermare che l’idea di Dio contenga quella di
infinito, perché l’uomo non ha idee molto chiare sull’infinito, né sul perfetto, e tutt’al
più, secondo loro, l’uomo avrebbe una tendenza a travalicare ogni idea, ma tale
sforzo sarebbe poco chiaro dal punto di vista razionale.
c) La prova in base all’idea di un necessario fondamento è stata esposta da
sant’Agostino, il quale constata nell’uomo la presenza di idee e di verità eterne e
necessarie; Malebranche ha dato di questa prova una formulazione più precisa: « Se
le nostre idee sono eterne, immutabili e necessarie, voi comprendete bene che esse
non possono avere la loro radice che in una realtà immortale », dimostrazione che
Leibniz ha ulteriormente integrato analizzando la nozione dei possibili: « Se non
esiste l’essere necessario, non esiste nemmeno l’essere possibile ».
2. Le prove a posteriori sono quelle cosmologiche, teleologica e morali.
a) Le prove cosmologiche, dette anche le cinque vie, fanno ricorso alla nostra
esperienza sensibile. Esse si fondano sul principio di ragion sufficiente e si
distinguono a seconda del tipo di esperienza preso in considerazione:
— prova in base al movimento (Aristotele): la realtà è movimento, dunque ci deve
essere qualcosa che muove, dunque, in definitiva, un primo motore non mosso, Dio;
— prova in base al principio di causa efficiente: noi sperimentiamo serie di cause
efficienti; siccome tutto ha una causa, ogni causa è a sua volta preceduta da un’altra
causa, ecc.; si può risalire in tal modo di causa in causa e si arriva così a una causa
prima la quale non è « causata »: questa causa incausata deve essere Dio;
— prova in base alla contingenza del mondo: dato che il mondo è contingente, deve
dipendere da un essere necessario e non contingente, vale a dire da Dio;
— prova sulla diversità dei gradi di perfezione: la diversità dei livelli di
perfezione visibile negli esseri che sono oggetto della nostra esperienza presuppone
la perfezione assoluta, l’atto puro;
— prova finalistica: la convergenza delle cause efficienti nel produrre un effetto
così complesso come può essere un organismo vivente è una realtà tale che non può