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essere infinitamente reale contiene in sé solo l’idea dell’esistenza e non l’esistenza

          vera e propria fuori dal pensiero; l’esistenza non è una « perfezione », un semplice «
          attributo » del quale si possa arricchire l’essenza del soggetto; in altre parole non si
          può, muovendo dall’essenza, dedurre resistenza; affermare che « Dio è perfetto e che
          se  gli  mancasse  l’esistenza  non  sarebbe  più  tale,  per  cui  egli  esiste  »  in  questa
          prospettiva sarebbe un sofisma. La prova ontologica, sottile e ben congegnata, è di
          un’evidenza illuminante per un credente, ma agli occhi di un non credente non prova

          nulla e non convince.
          b) La prova fondata sull’idea di perfezione è di Cartesio; essa afferma: « Io ho nel
          mio spirito l’idea di un essere infinito e perfetto; quest’idea non può essere nata da
          me  che  sono  imperfetto,  né  da  alcuna  esperienza  sensibile;  tale  idea  non  può  che
          provenire da un essere perfetto, perché tutto ciò che è in un effetto deve anche essere
          nella sua causa ».
          Leibniz  integra  questa  dimostrazione  affermando  che  l’essere  perfetto  è  possibile.

          Anche  questa  prova,  molto  vicina  alla  precedente,  è  contestata  dai  filosofi  non
          spiritualisti  che  ritengono  inesatto  affermare  che  l’idea  di  Dio  contenga  quella  di
          infinito, perché l’uomo non ha idee molto chiare sull’infinito, né sul perfetto, e tutt’al
          più,  secondo  loro,  l’uomo  avrebbe  una  tendenza  a  travalicare  ogni  idea,  ma  tale
          sforzo sarebbe poco chiaro dal punto di vista razionale.
          c)  La prova  in  base  all’idea  di  un  necessario  fondamento  è  stata  esposta  da

          sant’Agostino, il quale constata nell’uomo la presenza di idee e di verità eterne e
          necessarie; Malebranche ha dato di questa prova una formulazione più precisa: « Se
          le nostre idee sono eterne, immutabili e necessarie, voi comprendete bene che esse
          non possono avere la loro radice che in una realtà immortale », dimostrazione che
          Leibniz  ha  ulteriormente  integrato  analizzando  la  nozione  dei  possibili:  «  Se  non
          esiste l’essere necessario, non esiste nemmeno l’essere possibile ».
          2. Le prove a posteriori sono quelle cosmologiche, teleologica e morali.

          a)  Le prove  cosmologiche,  dette  anche  le cinque  vie,  fanno  ricorso  alla  nostra
          esperienza  sensibile.  Esse  si  fondano  sul  principio  di  ragion  sufficiente  e  si
          distinguono a seconda del tipo di esperienza preso in considerazione:
          — prova in base al movimento (Aristotele): la realtà è movimento, dunque ci deve
          essere qualcosa che muove, dunque, in definitiva, un primo motore non mosso, Dio;

          — prova in base al principio di causa efficiente: noi sperimentiamo serie di cause
          efficienti; siccome tutto ha una causa, ogni causa è a sua volta preceduta da un’altra
          causa, ecc.; si può risalire in tal modo di causa in causa e si arriva così a una causa
          prima la quale non è « causata »: questa causa incausata deve essere Dio;
          — prova in base alla contingenza del mondo: dato che il mondo è contingente, deve
          dipendere da un essere necessario e non contingente, vale a dire da Dio;
          —  prova  sulla  diversità  dei  gradi  di  perfezione:  la  diversità  dei  livelli  di
          perfezione visibile negli esseri che sono oggetto della nostra esperienza presuppone

          la perfezione assoluta, l’atto puro;
          — prova finalistica:  la  convergenza  delle  cause  efficienti  nel  produrre  un  effetto
          così complesso come può essere un organismo vivente è una realtà tale che non può
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